Risale al 1919 la normativa che ha cambiato il panorama lavorativo e giuridico femminile, compiendo un passo importante verso l’emancipazione. La legge Sacchi, siglata dopo il primo conflitto mondiale, ha permesso alle donne di esercitare tutte le professioni e di ricoprire gli impieghi pubblici, abolendo di fatto l’istituto dell’autorizzazione maritale. Al centenario di quest’avvenimento è dedicato il convegno “Nel centenario dell’abolizione dell’autorizzazione maritale (1919-2019): donne e mogli tra lavoro e famiglia”, in programma giovedì 28 novembre alle 14.30 nell’aula Falcone/Borsellino del dipartimento di Scienze giuridiche, via Montanari 9.
L’incontro, organizzato dai dipartimenti di Scienze giuridiche e Culture e civiltà di ateneo e patrocinato dalla Società italiana delle Storiche, approfondirà le ricadute della legge Sacchi nella sfera lavorativa e sociale, con uno sguardo alle conquiste già ottenute e alle sfide da affrontare per il pieno raggiungimento delle pari opportunità.
“La legge Sacchi ha allentato le maglie della patria potestà e, concedendo alle donne l’accesso ad alcuni uffici pubblici, ha contribuito alla realizzazione delle pari opportunità”, commenta Donata Gottardi, prorettore dell’ateneo, che interverrà nel pomeriggio di studi trattando il tema delle prospettive femminili in ambito lavorativo.
Durante il convegno, coordinato da Alessandra Cordiano, docente di Diritto privato in ateneo, interverranno anche Cecilia Pedrazza Gorlero, docente di Storia del diritto medievale e moderno di ateneo, Lorenzo Gaeta dell’università di Siena e Marina Garbellotti, docente di Storia moderna dell’ateneo scaligero.
Sulla situazione odierna delle discriminazioni lavorative di genere, Garbellotti spiega come “sebbene siano notevolmente ridotte rispetto a un secolo fa, non sono state ancora eliminate”. Il suo intervento riguarderà la figura della “moglie ideale”, come viene rappresentata e come appare nella realtà.