Un fiore per non dimenticare: così la Gran Guardia è stata allestita di gerbere gialle per l’arrivo in città del procuratore antimafia Pietro Grasso, che oltre a presentare il suo libro “Per non morire di mafia”, ha raccontato cosa significa essere il giudice di uno dei processi più importanti dell’Italia, la lotta contro la mafia e tutte le associazioni malavitose del sud Italia.
I protagonisti della mattinata. E’ iniziato venerdì 6 novembre il progetto "Scuola Antimafia 2010-2013" con l’arrivo all’auditorium della Gran Guardia del procuratore antimafia Pietro Grasso. 600 i ragazzi delle scuole veronesi e di provincia presenti, con i loro insegnanti e i loro dirigenti, per accogliere Grasso e altre importanti autorità, quali Adriana Musella, vittima della mafia e presidente dell’associazione Riferimenti, il presidente del Consiglio Comunale di Verona Pieralfonso Fratta Pasini, Maria Gallo referente regionale di Riferimenti, Giovanni Pontara direttore dell’Ufficio Scolastico Provinciale, il vescovo di Verona Giuseppe Zenti, don Luigi Ciotti per Libera Veneto, Annalisa Tiberio della Consulta degli Studenti e l’assessore comunale alle politiche giovanili Alberto Benetti.
Gli interventi. “I ragazzi di Verona si sono impegnati particolarmente sul fronte della legalità e in maniera eccellente – ha evidenziato Pontara – a scuola si va per imparare, ma anche per decidere da che parte stare: la vostra forza è decidere da che parte stare, perché voi potete cambiare il Paese”. “Oggi da Verona parte il progetto nazionale per dare un segno e dimostrare che la mafia non è isolata – ha aggiunto Adriana Musella -ognuno deve fare la sua parte per costruire la legalità. Questa società non ci piace, non ci piace questa violenza, una società migliore è possibile”.
Le parole del Procuratore Grasso. "Sono contento di tornare a Verona – ha detto Pietro Grasso– e di avere un ulteriore incontro con i ragazzi. Vivere a Verona non è come vivere in Campania o in Sicilia: è vero che la percezione di paura negli anni al sud si è un po’ superata, ma la miseria e la disoccupazione attaccano i giovani come voi e, assieme alla mafia, fanno un controllo delle attività economiche, politiche, del pizzo, delle estorsioni, degli appalti illeciti. La mafia cattura il consenso creando relazioni pericolose con i cittadini e sfrutta le condizioni di bisogno. Quando ho dei momenti di delusione c’è una frase che mi dico ‘Devo continuare a fare la mia parte’ e così anche voi, perché non si deve delegare la lotta alla mafia alla polizia o allo Stato. Vivo con un'utopia: che un giorno si possa arrivare a dire che la mafia non esiste più: bisogna credere nell’ingenuità e nel sogno che le idee si possano realizzare”.
La lotta alla mafia un impegno per tutti. L’ultima parola è toccata all’assessore Benetti “Per queste persone, per i magistrati, per il procuratore, per le vittime della mafia, a voi il compito di rispettare la legalità: non è cosa loro, è cosa nostra, e dobbiamo impegnarci quotidianamente e fare il nostro lavoro”.