Una valutazione della legge urbanistica regionale a cinque anni dalla sua emanazione. Lo hanno fatto alla Facoltà di Giurisprudenza molti tecnici tra avvocati, ingegneri e architetti che si sono dati appuntamento per discutere sul tema del governo del territorio tra politica e tecnica alla luce dell'applicazione della legge 11 a cinque anni, appunto, dalla sua entrata in vigore.
La situazione attuale. Una legge che "sin dall'inizio è stata accompagnata da una giusta soddisfazione" ha sottolineato Giovani Antonio Sala docente di diritto dell'Edilizia e dell'Urbanistica della facoltà di Giurisprudenza, "avendo fatto chiarezza sugli strumenti tecnici e normativi di cui i comuni possono oggi disporre". La legge 11 ha permesso di superare la logica del vecchio piano regolatore con due strumenti diversi. «Da una parte il Pat, ossia il piano di assetto del territorio, e dall'altra il piano degli interventi» ha spiegato Paolo Boninsegna, dirigente del settore urbanistica del Comune di Verona. «Sullo sfondo c'è un principio guida fondamentale: bloccare la crescita esterna della città riconvertendo gli spazi vuoti o degradati al suo interno e istituire più parchi territoriali come quello della collina o della Spianà".
I vecchi piani regolatori. "I vecchi piani regolatori avevano purtroppo la pretesa di governare il territorio nella loro interezza e in ogni loro processo" ha proseguito il professor Sala. "Negli anni si sono dimostrati incapaci di farlo: troppo organici e ingessati per prevedere tutto sin dall'inizio. Il caso Verona è ancora una volta didattico: 280 varianti in poco più di trent'anni".