Due esponentidel giornalismo italiano, tra verità e non, hanno parlato di diritto di informazione. Il primo, Gian Antonio Stella, ha spiegato cosa succede in un quotidiano come il Corriere della Sera, l’altro, Iacona, ha raccontato come svolge la sua attività di inchiesta per la Rai.
L’informazione e…l’altro. Gian Antonio Stella, giornalista di professione, è intervenuto al convegno iniziando a parlare di come ha dovuto affrontare le lacrime durante due servizi importanti della sua vita:
Cos’è il mestiere di chi fa informazione?
“Se non hai il cuore di pietra non puoi non piangere in questo mestiere: come dice Vasco Rossi ‘gli uomini sanno piangere ma non ballano mai’. Ci sono cose nel passato necessarie per capire l’oggi e la dimensione odierna è necessaria per inquadrare i fatti nel corretto contesto”.
Chi è l’altro?
“È una cosa relativa. E’ vero che quando vediamo un nero per noi puzza, ma anche noi bianchi puzziamo per loro. E i neri e i bianchi puzzano per i gialli, noi non sentiamo il nostro odore. Il razzismo è nel naso di chi sente; non è l’altro che puzza, è nel nostro naso che sente puzza. Questo vi da l’idea del meccanismo curioso e spaventoso del razzismo. Il ruolo dei giornali, davanti ad una situazione come questa, è quello di ricordare questi concetti per inquadrarli nel corretto contesto”.
Qual è il futuro?
“Che piaccia o non piaccia siamo destinati a mischiarci, il che non vuol dire che il fenomeno non vada gestito. Gira e rigira penso che avesse proprio ragione Marc Twain: l’unica razza che esiste è la razza uomo. Il mestiere dei giornali e di chi ci lavora deve essere quello di spiegare, spiegare, spiegare”.
Il giornalismo d’inchiesta. Riccardo Iacona, noto giornalista Rai risponde così alle domande
Si fa il giornalismo d’inchiesta e come?
“Sì, si fa il giornalismo d’inchiesta, è complesso, ma se l’inchiesta è onesta, una volta che è esibita al pubblico, mette in campo qualcosa di più della cronaca della notizia che ne danno le agenzie quotidiane”.
Cos’è e cosa può il giornalismo d’inchiesta?
“Pochi lo fanno in Italia: l’inchiesta sta alla periferia del sistema del giornalismo. Non c’è censura nella sua accezione antica: tutti parlano, le notizie circolano, ma il punto è che la notizia quotidiana è usa e getta. Viviamo al buio della tv, siamo sforniti di strumenti per capire cosa ci succede attorno; è questa la censura, cioè la riduzione dei confini del raccontabile. L’inchiesta in prima serata è invece un approfondimento aggiunto, qualcosa che arricchisce i territori inesplorati dall'utente. E' uno strumento ti stacca dalla casa in cui sei e toglie i tuoi punti di vista, facendoti incontrare quelli degli altri. Ti mette in difficoltà, e ti fa pensare. Quando funziona fa accendere la speranza. C’è alleanza tra cattiva politica e cattiva tv, io lavoro su questo terreno, cercando di non far decidere alla politica le priorità dell’agenda”.
Cosa può fare un giornalista di oggi che non riesce a dire la verità perché viene oscurata dai ‘dirigenti’?
“Ci sono molti modi per spiegare una notizia: si può sempre trovare quello giusto per dire la verità, anche quando ci viene imposto di non farlo. Tutti ce la possono fare, l’importante è provarci”.