Era un sabato sera di quaranta anni fa quando, a Los Angeles, il professor Leonard Kleinrock insieme ad un suo assistente, tentò il collegamento tra un computer dell'Ucla e uno dell'Università di Standford. Nasceva Arpanet, quella che poi sarebbe diventata internet come la conosciamo oggi: l'invenzione che più di ogni altra ci ha proiettato nel mondo del futuro.
Con Domenico Secondulfo, ordinario di Sociologia, cerchiamo di fare il punto di questi quarantanni e di capire cosa è cambiato e cosa ancora potrebbe cambiare.
Internet e nuove tecnologie. Come è cambiata la comunicazione?
La comunicazione è diventata più fruibile per tutti, allargandosi alle giovani generazioni e soprattutto ha sviluppato quell'aspetto di socialità che prima non aveva. Il cellulare, per fare un esempio, nasce come uno status symbol per i manager, sviluppandosi poi come uno strumento di socialità utilizzato dai giovani per incontrarsi e scambiarsi gli sms. L'altro cambiamento enorme è stata la convergenza dei quotidiani sui formati elettronici. Già avevamo visto la convergenza sul formato televisivo. E questa nuova struttura comunicativa che è il portale è estremamente dinamico e “in corso d'opera”: un piede dentro i quotidiani, un piede dentro i blog e un piede dentro youtube.
Cosa ci può dire dei rapporti sociali nell'età di internet?
È interessante pensare che mentre l'interazione verbale è scarsamente riflessiva perché veloce ed immediata, quando scrivo ho invece una fase di riflessività molto più forte. La prima persona con cui dialogo è me stesso e quindi il meccanismo dell'sms e dell'email creano un tipo di relazione comunicativa maggiormente riflessiva dando all'altro una sorta di sintesi di un processo personale che mi ha coinvolto.
Le nuove tecnologie ci rendono reperibili in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo, questo ci rende paradossalmente più soli?
Dal mio punto di vista no, questo discorso piace alle persone che hanno difficoltà col cambiamento perché rispetto all'interazione face-to-face, un'interazione mediata da una struttura tecnologica può dare una minore empatia per la presenza del mezzo. La solitudine deriva anche da altre strutture, come la società tardo moderna che tende a dissolvere i gruppi intermedi, quindi a creare delle persone sempre più sole davanti agli oggetti. Per esempio: viene meno il negozio dove si parlava con il negoziante, oggi sostituito dal supermercato dove da soli ci aggiriamo tra le scaffalature e all'uscita manca la cassiera sostituita dalle casse automatiche. È questo, credo, a provocare solitudine. Non sono molto dell'idea che le nuove tecnologie abbiano una grossa responsabilità nell'isolamento e nella solitudine perché nessuno impedisce alle persone di incontrarsi al bar o per strada.
Come immagina la comunicazione del futuro?
Immaginerei molto più spazio per il visuale. La comunicazione online si potrebbe sviluppare in una direzione di immagini e di filmati, magari non in presa diretta e sempre con il meccanismo di riflessività di cui abbiamo parlato . Sarà vitale dunque il meccanismo da un lato della banda larga che deve supportare questi prodotti, dall'altro questa deve diventare una tecnologia a bassissimo prezzo caratterizzata da portabilità. Dal momento in cui ci saranno degli strumenti di comunicazione portatili che sostengono la relazione video, allora probabilmente la comunicazione si svilupperà in questo senso. Unico punto fermo è l'idea di prodotti preconfezionati. Il video diretto secondo me non si allargherà mai perché non permette la bugia. Diventerebbe altrimenti un meccanismo di controllo sociale fortissimo che non è desiderato.