Mori, zingari ed ebrei: tre popolazioni che rappresentano, oggi come ieri, delle minoranze e che sono state protagoniste del terzo incontro con il convegno internazionale “Alle radici dell’Europa. Mori giudei e zingari nei paesi del Mediterraneo occidentale”, organizzato dall’Università degli studi di Verona.
Gli appuntamenti, organizzati con cadenza annuale, hanno come oggetto di studio i rapporti che si sono costruiti in Europa occidentale a partire dal Basso Medioevo, tra le comunità locali maggioritarie e tre importante minoranze culturali: ebrei,mori e zingari. Questo incontro-scontro, sembra aver favorito la costruzione delle identità delle comunità minoritarie ma anche di quelle maggioritarie.
Le radici dell’Europa infatti, sono molte, come sottolinea Mario Longo, preside della Facoltà di Scienze della Formazione, quindi l’identità del continente, tema attualmente di grande importanza, bisogna ricercarla anche tra i vari gruppi minori.
Il convegno, organizzato dai dipartimenti di Romanistica e di Psicologia e antropologia culturale dell’ateneo veronese e patrocinato dall’ambasciata di Spagna e dall’Associazione culturale Italia e Spagna, è iniziato nella mattinata di giovedì con il saluto delle autorità, tra le quali Stefano Dindo, rappresentante dell’Ambasciata spagnola, e l’intervento di alcuni esperti.
Roberta Facchinetti, direttrice del Dipartimento di Psicologia e antropologia culturale dell’università, vuole raccontare di un piccolo sondaggio sulle minoranze che ha voluto fare: nell’opinione comune i mori erano corsari arabi, i giudei erano gli ebrei mentre gli zingari sono gli zingari. Quindi viene usato il verbo essere al passato, tranne per quanto riguarda le popolazioni rom.
“ Questo terzo incontro vuole chiarire la penetrazione di queste popolazioni nelle arti europee a partire dal ventesimo secolo. Mentre nei precedenti appuntamenti si è parlato molto delle persecuzioni che queste comunità hanno subito nel corso della storia, con questo abbiamo cercare di vedere solo la parte positiva, cioè il contributo che questi gruppi hanno portato all’Europa, eliminando i nostri sensi di colpa” spiega il Professor Leonardo Piasere, antropologo e docente della Facoltà di Scienze della Formazione.
La mattinata è proseguita con l’intervento della Professoressa Maria Grazia Profeti, docente di Letteratura spagnola e studiosa del glorioso periodo del Siglo de Oro, che ha parlato di come gli arabi e gli zingari appaiono nella lirica di Federico Garcìa Lorca. In queste raccolte poetiche l’”altro”, rappresentato dalle presenze esotiche, diventa un mezzo per parlare di sé.
La prima sessione si è conclusa con l’inaugurazione della mostra “Helios Gòmez: opere grafiche”, preceduta dagli interventi di Felice Gambin, docente di Letteratura spagnola dell’ateneo veronese, Gabriel Gòmez Plana, figlio dell’artista e Caroline Mignon, dell’Associaciò Cultural Helios Gòmez. Gòmez, artista spagnolo nato a Siviglia nel 1905, partecipò al rinnovamento del disegno grafico in Spagna, sia nella stampa, sia nella cartellonistica. Perseguitato in Spagna a causa della sua attività politica nel partito comunista, l’artista gitano visse in diverse città europee, dove maturò il suo stile. La sua arte è inscindibile dalla sua militanza nel sindacato anarchico e nel partito e testimonia il coinvolgimento degli intellettuali nella mobilitazione antifascista.
Oltre ai dibattiti accademici, che sono proseguiti nelle giornate di venerdì e sabato, e alla mostra, la rassegna si è aperta anche al mondo della danza e della musica con il suggestivo spettacolo intitolato “Dai Balcani all’Andalusia. Musica e danza tradizionale alle radici dell’Europa” organizzato al Teatro Filippini, dove si sono esibite due cantanti kosovare e una ballerina di flamenco.
Gli organizzatori promettono già una nuova edizione, magari riguardante l’intero Mediterraneo.