Quali sono gli aspetti psicosociali del mondo imprenditoriale e gli aspetti umani che entrano in gioco nei processi di innovazione? In occasione della finale di Start cup abbiamo intervistato la professoressa Adalgisa Battistelli
Professoressa Battistelli, in occasione della giornata “Innovazione ed imprenditorialità” all'ateneo scaligero si è parlato degli aspetti psicosociali coinvolti nel processo imprenditoriale, di che cosa si tratta?
Quando pensiamo alla nascita di un’impresa, naturalmente, ci viene in mente una realtà economica che nasce, come frutto di un’idea di nuovo prodotto o servizio, con l’obiettivo di realizzare un profitto ed anche un benessere per la comunità. Se pensiamo al suo creatore, l’imprenditore, pensiamo spesso ad una persona capace di ‘vedere’ una opportunità, di comprendere che può diventare impresa, di individuare le strategie e le azioni concrete per poterla creare, di trovare le risorse per concretizzare il piano e creare così il business. Difficilmente si pensa che per realizzare tutto questo sono necessarie alcune condizioni della persona che intende diventare imprenditore, quali personalità, motivazioni, valori, competenze, interessi, educazione, sia della realtà in cui l’aspirante imprenditore vive, come la sua famiglia, la sua comunità di appartenenza, la cultura socio-economica locale e nazionale, le opportunità formative del proprio territorio, il supporto istituzionale, eccetera. Questi fattori sono chiamati psicosociali e sono responsabili della creazione e dello sviluppo di ogni impresa. Ma questi fattori non sono importanti solo nella fase della creazione ma in tutta la vita di un’impresa accompagnando l’imprenditore lungo le diverse fasi del processo imprenditoriale. Dalla creazione d’impresa, un imprenditore passa attraverso differenti identità che caratterizzano il processo d’impresa: creazione, stabilizzazione, innovazione. In ogni fase all’imprenditore viene richiesto di usare un complesso sistema di competenze, differenti per le diverse fasi del processo. Per esempio, nella fase della creazione è la creatività individuale, la capacità di trasformare le idee in azioni, la capacità di organizzare le risorse materiali ed umane per creare l’impresa; nella fase di stabilizzazione sono la capacità di razionalizzare il processo produttivo, di valorizzare le risorse, di avere cura del cliente; nella fase di innovazione è la capacità di vedere quali opportunità esistono e quali strategie sono più efficaci per innovare e per restare competitivi, la capacità di ‘vedere’ nell’innovazione il successo della propria impresa. Questi fattori non sono posseduti geneticamente dall’imprenditore, ma vengono continuamente sviluppati a partire dall’educazione, come scuola e università e successivamente, dall’efficace incontro con la propria realtà e con le proprie esperienze lungo il corso della vita.
Quali sono invece i fattori umani che entrano in gioco nel processo di innovazione? Il processo di innovazione è un processo umano. Qualsiasi innovazione, che sia tecnologica, organizzativa, di processo o di prodotto, è creata dall’uomo! Ogni processo di innovazione parte dalla creatività individuale, dalla capacità delle persone di pensare e di vedere vie e modalità alternative per produrre, organizzare, far funzionare gli oggetti. Tale creatività, frutto di attitudine personale e di capacità acquisite, può essere messa a frutto se incontra un terreno fertile e se non si frappongono ostacoli. Un’idea, che scaturisce sempre da un individuo o da un gruppo, per poter diventare una innovazione deve passare attraverso complessi processi psicosociali. La persona, o il gruppo, deve avere la capacità di comprendere che l’idea può diventare una innovazione, deve elaborarla concretamente, deve poi saperla comunicare e sponsorizzare, deve raccogliere adesioni e sostegno, deve poter avere le risorse per poterla sviluppare. Così, l’organizzazione, nella quale nasce una possibile idea innovativa, può essere capace di riconoscerla e di facilitarne lo sviluppo fino all’implementazione oppure può creare resistenze e bloccarla. Ancora, un’organizzazione può creare un clima per l’innovazione stimolando così i processi negli individui ed i gruppi, per esempio, attribuendo ‘valore’ all’innovazione, creando condizioni di lavoro capaci di favorire processi creativi e di liberare le idee, promuovendo la comunicazione e lo scambio di esperienze. Tutti questi fattori appartengono alla persona e ai gruppi, alle loro attitudini, capacità e competenze; ma essi devono essere creati e sviluppati a partire dall’educazione, devono essere compresi, valorizzati ed utilizzati efficacemente dalle organizzazioni e dalla comunità nella quale si vive.
Che cosa significa, per il nostro Ateneo, avere ospitato la finale regionale di Start Cup nel contesto dell’anno europeo della creatività e dell’innovazione? E’ stata una significativa esperienza che ha testimoniato la specifica attenzione del nostro ateneo sia all’imprenditorialità che all’innovazione e soprattutto, agli aspetti umani che troppo poco spazio hanno avuto anche nell’ambito di tutte le manifestazioni realizzate in Europa, per l’anno europeo della creatività e dell’innovazione. Start Cup è un’iniziativa che mette in risalto lo spirito imprenditoriale, caratteristica ritenuta essenziale dalla Comunità Europea, per la crescita e la competitività. Il nostro Ateneo ha dato rilievo e spazio all’imprenditorialità e all’innovazione contribuendo a diffonderne la rilevanza, in tutta la sua complessità, sia per gli studenti e le loro famiglie sia per la società le imprese ed il sistema socio-economico territoriale. Nel nostro Ateneo operano ricercatori costantemente impegnati su queste tematiche e che possono contribuire con la ricerca e la formazione a sviluppare conoscenze e strumenti per le imprese e la comunità. Nel Dipartimento di psicologia e antropologia culturale opera, da qualche anno, un gruppo di ricerca multidisciplinare Inechoes sugli aspetti psicosociali dell’innovazione e che ha collaborazioni con diversi centri universitari internazionali, oltre che con le imprese a livello nazionale.