“Dentro l’immagine. Nuove metodologie di analisi diagnostiche non invasive per la conservazione dei dipinti antichi e contemporanei”. Questo il nome del master che ha visto coinvolto un gruppo di studenti che, sotto la direzione di Dal Pozzolo, ha compiuto un appassionante viaggio dentro alcune opere d’arte del Museo di Catelvecchio. 14 dipinti e 3 disegni dei più grandi pittori veronesi della metà del XVI secolo, quali Paolo Veronese, Domenico Brusasorci, Paolo Farinati e Battista del Moro. Il team ha lavorato alla scoperta dei segreti più nascosti delle opere d’arte nel tentativo di rispondere a un’unica grande domanda: come intendeva impostare l’artista il proprio dipinto? Come l’aveva pensato?
Tecniche all’avanguardia. Un viaggio all’interno delle immagini per esplorarle da una prospettiva privilegiata tramite l’uso di tecniche avanzate e non invasive. Solo per citarne alcune: la lampada di Wood impiegata per illuminare materiali su cui una radiazione ultravioletta produce effetti di fluorescenza e fosforescenza che possono rivelare sottostanti interventi di restauro e l’uso di colla; la spettrofotometria, usata per la caratterizzazione dei leganti, delle vernici ed eventuali sovrammissioni organiche superficiali; e ancora la telecamera a infrarossi, le foto in radenza, la macrofotografia e le foto a luce visibile diffusa.
Erano presenti Paola Marini, direttrice del Museo di Castelvecchio, Guido Avezzù, preside della Facoltà di Lettere e Filosofia, Loredana Olivato, docente di storia dell’arte moderna all’Università di Verona e direttrice del master, Enrico Maria Dal Pozzolo, coordinatore del gruppo di lavoro e Gianluca Poldi dell’Università degli Studi di Bergamo.
L’occasione. Nel ricordare che si è trattato del secondo dei due master avviati, Loredana Olivato ha colto l’occasione per ringraziare il Museo che si è messo a disposizione per creare quella che la docente stessa ha definito come la “felice liaison”. La parola è poi passata a Dal Pozzolo che ha parlato di un’esperienza positiva in termini di risultati concreti raggiunti e senza eguali in Italia nel rapporto tra università e musei. Come ha ricordato il coordinatore del progetto si è trattata di un’esperienza non limitata al territorio veronese: molti dei ragazzi che ne hanno fatto parte provengono infatti da altre università. Ha in ultimo sottolineato come si siano poste le basi per la creazione di un modello di collaborazione da riproporre in futuro anche con altri musei. E’ stato Dal Pozzolo a parlare di Gianluca Poldi come del “l’anima tecnica del progetto”. Quest’ultimo ha posto l’accento su un clima di lavoro fatto di grande libertà e di attenzione per il dettaglio. ”Nemmeno a Milano”, sono le parole di Poldi, “città nella quale risiedo e realtà che pure vanta un gran numero di musei, è mai stata portata avanti un’esperienza simile; si può parlare di progetti che al massimo hanno riguardato l’analisi di una o due opere e hanno visto il coinvolgimento di qualche tesista”. Poldi ha chiuso il suo intervento riprendendo il concetto proposto da Dal Pozzolo e si è espresso in questi termini: “Si è posta una pietra e su questa si aprirà un filone”.