L’anima attraverso le parole di Omero. E' stato questo il tema dell’incontro con Stefano Quaglia, in quelle che ha definito “scorribande omeriche con sconfinamenti nella poesia e nella sapienza arcaica”. A partire da un quesito: cosa succede quando ci si pone a confronto con quella parte del sé chiamata interiorità?
La formula di Omero. “Omero risponde attraverso le parole: significati connessi ai termini di corpo, di anima e del vedere – ha spiegato Quaglia – nei testi omerici, a volte, non bisogna ragionare troppo, ma prenderli per quello che dicono”. Sebbene si pensi che Omero non avesse una visione dell’uomo, in realtà il poeta parla per formule. “Ecco una prima distinzione semantica tra il 'demas', la figura nel suo effetto d’immagine non materiale, e il 'kros', come superficie esterna del corpo, nelle sue caratteristiche fisiche di colore e aspetto – ha sottolineato il professore -. Così anche l’anima ha diversi caratteri: è generatrice di emozioni, 'fumòs', controllate dalla 'psikè', il principio vitale. E’ anche generatrice di immagini, 'noos', quindi mente; è coscienza, 'frenes'; infine è cuore, 'ker'. Quando Odisseo torna a Itaca, parla al proprio 'ker'. Le emozioni del 'fumòs' sono fatte quindi di immagini cognitive, e di passione, istinto”.
L’anima dell’uomo. Anche per quando riguarda il vedere, le parole hanno a che fare con le emozioni. “Dal vedere per rivolgere lo sguardo, 'orao', fino al guardare oggetti lucenti, guardare il mare, con il termine tipico di Odisseo e di Achille 'leussein' – ha spiegato Quaglia -. Attraverso le parole emerge una distinzione fondamentale: il vivere connesso con la luce del sole, il buio che è segno di morte. L’anima infatti “… vola via dalle membra”, quando l’ombra copre gli occhi del morto. E quando si scioglie l’anima, viene via anche il 'menos', il vigore che è fatto di virilità e di giovinezza. Nella riflessione di Achille sulla morte, “l’anima dell’uomo” non si può “né rubarla né riprenderla”, acquista quindi un significato oltre quello di soffio vitale: è fiato, ma anche principio della vita, e vita stessa. E della vita ne diventa metafora. E’ l’intelligenza di Tiresia: “cieco nel corpo, ma nel buio l’unico che ha la capacità di vedere, mantenendo efficace l’intelligenza anche dove gli uomini non sono più uomini”.