‘Crisi economica e controlli giuridici’: questo il tema di cui si è discusso nell’aula magna della facoltà di Giurisprudenza insieme a docenti dell’ateneo scaligero ed esperti nelle professioni giuridiche ed economiche provenienti da tutta Italia. La conferenza ha visto la crisi economica protagonista della mattinata.
La crisi economica. “Quando una tempesta abbatte una casa la causa principale è la sua debolezza strutturale anche se è vero che, senza la tempesta, la casa non sarebbe caduta”. Una metafora chiara e concisa quella con cui Giovanni Battista Alberti, docente di Economia aziendale all’università di Verona, ha spiegato che la crisi economica va indagata cercando le sue cause remote. Qui infatti, a quanto ha detto il professore, è racchiuso il nucleo profondo della crisi che il mondo sta affrontando dal 2007 e che ha visto lo stravolgimento del rapporto tra reddito di lavoro e reddito di speculazione. “Si è sostenuta la tesi che il valore stia nella finanza per cui lo stipendio dei lavoratori può diminuire indefinitamente in quanto anch’essi possono ricorrere alla speculazione, proprio come tutti gli altri”, ha chiarito ancora Alberti. Ciò che emerge da questa relazione è che il potere pubblico si è a lungo disinteressato dell’economia ritenendo valida la tesi secondo cui il mercato tende ad autoregolamentarsi anche senza un intervento esterno.
Anche l’Italia in crisi. Secondo Donata Gottardi, ordinario di Diritto del lavoro, quando l’economia statunitense era sull’orlo del precipizio le istituzioni europee, dimostrando assai poca lungimiranza, hanno creduto che un’eventuale crisi economica oltreoceano non potesse intaccare più di tanto i nostri mercati. “Se nel 2007 la situazione è stata assolutamente sottovalutata, un anno dopo non c’erano più dubbi sulla gravità della crisi”, ha chiarito la docente. Il fulcro del cambiamento dovrà venire, a detta di Gottardi, dalle istituzioni europee. L’opinione pubblica, però, avverte queste istituzioni come degli organismi ancora troppo lontani dai problemi reali dei singoli Paesi. Eppure già ad oggi sono stati apportati alcuni cambiamenti nei trattati europei per affrontare la difficile congiuntura economica, che ha causato la perdita di moltissimi posti di lavoro in tutta l’Unione Europea. “Per esempio – ha concluso la docente -, tutti i documenti redatti in questi ultimi anni contengono la clausola del progresso sociale, avvertito come necessaria risposta alla crisi in atto”.
Crisi e diritti. Il fattore della crisi economica, come ha sostenuto Marco Pivetti, membro della Corte di Cassazione, è sempre stato visto come preposto a ridurre i diritti dei lavoratori. La crisi, dunque, non sarebbe un fatto del tutto negativo in quanto mezzo per introdurre la flessibilità nel mercato del lavoro. Tale flessibilità sarebbe infatti un elemento positivo perché “Libererebbe i lavoratori dipendenti dalla schiavitù del posto fisso”, come ha detto ironico Pivetti. E’ chiaro che il posto fisso non è considerato elemento schiavizzante dai lavoratori e il progressivo aggravarsi della crisi negli ultimi tre anni ha reso evidente il fatto che la flessibilità porta al precariato il quale, a sua volta, porta chi lavora ad una diminuzione della capacità contrattuale. Un altro problema che il precariato porta con sé è l’aumento del lavoro nero, soprattutto da parte di migliaia di immigrati irregolari che, pur di avere un impiego, accettano stipendi miseri e condizioni di lavoro durissime. Inoltre la riduzione del reddito da lavoro ha portato ad una conseguente diminuzione dei consumi. “Per invertire questa tendenza – ha concluso Pivetti -, i giuristi devono dire la loro e affermare l’importanza della giustizia. Un buon metodo per cominciare sarebbe il recupero della funzione politica dello Stato e del diritto dando il maggior valore possibile alla Costituzione”.