Quali sono le dinamiche che portano il diritto ad entrare nel mondo del cinema? Come vengono applicati i concetti fondamentali del diritto all’elaborazione cinematografica di un’opera letteraria? Franco Ferrari, ordinario di Diritto internazionale all'università di Verona, ha spiegato come certi film riescano a condizionare le menti degli spettatori che, una volta calato il buio in sala, si perdono nella storia. Poi, all’uscita, la realtà dei delitti, dei processi, degli avvocati è filtrata dalla lettura che ne ha dato un regista. Sembra vera. Ma è finzione.
Che tipo di messaggi trasmette il cinema al pubblico, senza che questo ne sia consapevole?
Il cinema veicola moltissimi messaggi. Per quanto riguarda il diritto sono tanti gli input che, a livello subliminale, lo spettatore riceve. Tra questi è ormai molto radicata nel pubblico la visione positiva del sistema statunitense, visto come il migliore dei sistemi possibili. Gli americani, andando al cinema, imparano a conoscere il diritto e la macchina processuale e vengono a contatto con il mondo dei tribunali e delle giurie, dei processi e degli avvocati. E lo stasso vale per il pubblico italiano, al punto che, se si chiede alle persone se in Italia ci siano o meno le giurie, la maggior parte della gente risponde sicura, "sì".
Parliamo un po' di un film che viene spesso citato parlando di giustizia, ‘Il buio oltre la siepe'. Ci chiediamo, gli americani sono una società paternalista?
Il film. Siamo nell’Alabama del 1932, l'avvocato Atticus Finch conduce una tranquilla esistenza nella provincia americana occupandosi di crescere i suoi figli Scout e Jem, orfani della madre. Un giorno l'agricoltore Bob Ewell, noto nella cittadina come un personaggio ubriacone e violento, si reca dallo sceriffo per denunciare Tom Robinson, un uomo di colore, accusandolo di avergli sedotto la figlia diciannovenne. Il giudice chiama Atticus Finch perché assuma la difesa di Robinson, il quale si proclama innocente. L'avvocato Finch riesce ad evitare il linciaggio di Robinson da parte dei cittadini avvelenati dall'odio razziale e durante il processo riesce anche a dimostrare l'infondatezza dell'accusa di violenza carnale. Ma la giuria, influenzata dall'ostilità dell'ambiente, emette ugualmente un verdetto di colpevolezza. Robinson, piuttosto che attendere il ricorso in appello, decide di evadere durante il trasferimento in prigione, ma viene ucciso da un secondino. Intanto Bob Ewell ha giurato di vendicarsi di Atticus e la sera di Halloween, assale Scout e Jem mentre stanno tornando a casa da una rappresentazione scolastica. Interviene però uno sconosciuto, che uccide l'assalitore e salva i due ragazzi. L’ignoto salvatore si rivelerà poi essere Boo Radley, misterioso personaggio ritenuto malato di mente, che si è nel frattempo affezionato ai due ragazzi pur senza aver mai avuto modo di rivolgere loro la parola.
Qual è il messaggio fondamentale che questo film intende trasmettere?
“Questo è un film decisamente paternalistico. Parla del popolo americano che elogia se stesso. Robinson è la vittima, uomo di colore accusato ingiustamente. Ma l’eroe è il padre bianco. Si ricordi che il film è ambientato nel 1932 e a quell’epoca c’era una giurisdizione diversa da quella odierna. La stessa giuria che emette la sentenza di condanna è formata da uomini bianchi. Non c’è un solo giurato di colore. Un elemento da non trascurare è che se la vicenda è ambientata negli anni trenta, il film è però del 1962 e ancora a quell’epoca solo i neri iscritti in determinate liste potevano entrare a far parte di una giuria. Si noti che soltanto nel 1983 una legge ha messo fine alle discriminazioni razziali relative alle giurie, permettendo anche ai neri di prendervi parte”.
Perché negli Stati Uniti si producono film di questo genere?
“Gli americani hanno un fortissimo senso della patria e della bandiera. Hanno bisogno di esaltare la loro terra e i loro eroi. In questo senso ‘Il buio oltre la siepe’ è un tipico esempio. C’è la preponderante figura dell’avvocato, Atticus Finch, che si prende la responsabilità di difendere un uomo che era additato come colpevole dall’intera comunità (che in effetti poi lo condannerà) e riesce addirittura a dimostrarne l’innocenza. Finch è poi anche un padre solo e per questo incarna alla perfezione la figura dell’eroe americano”.
Perché questo titolo?
“Il titolo originale era ‘To kill a Mockingbird’, ossia ‘Uccidere un passerotto’, citato più di una volta nel film e riferito al tragico destino di Robinson. La traduzione italiana, però, ha preferito dare spazio ad una frase che la voce narrante fuori campo di Scout ormai adulto, pronuncia solo poco prima dei titoli di coda. E lo fa pensando al fatto che dopo la notte in cui il vicino creduto pazzo aveva salvato lui e il fratello dall’omicidio, avrebbero potuto oltrepassare quella siepe e guardare la città come non avevano mai avuto il coraggio di fare prima”.