In occasione dei settant'anni di Erasmo Leso, docente di Storia della lingua italiana all'università di Verona, si è tenuta una giornata di studi dal titolo “I linguaggi settoriali in Italia”. L'incontro è stato organizzato da Arnaldo Soldani e Antonio Girardi, docenti di Storia della lingua italiana dell'università scaligera. In seguito ai saluti delle autorità accademiche, Guglielmo Bottari, direttore del dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica di Verona, Guido Avezzù, preside della facoltà scaligera di Lettere e Filosofia e Michele Cortellazzo, preside della facoltà di Lettere e Filosofia di Padova, sono intervenuti studiosi di spicco per riflettere sul ruolo dei linguaggi settoriali in Italia.
I relatori. La giornata di studi si è aperta con l'intervento di Gian Luigi Beccaria, linguista e storico della lingua, con un'analisi del linguaggio giovanile – studentesco. A seguire le riflessioni sul linguaggio della critica d'arte a cura di Pier Vincenzo Mengaldo, filologo e critico letterario e sul linguaggio tecnologico di Riccardo Gualdo, docente di Linguistica italiana dell'università di Viterbo. L'incontro è proseguito con gli interventi di Luca Serianni sul linguaggio politico, di Giovanna Frosini sul linguaggio culinario e, in chiusura, Francesca Ferri ha esposto la riflessione dal titolo “Tra giornalismo e linguaggio politico: il caso Pintor”.
Senti come parlano i giovani. Forse non ce ne rendiamo conto ma il linguaggio giovanile costituisce “un ricco serbatoio di neologismi che passano di continuo nella lingua corrente”, secondo le parole di Gian Luigi Beccaria. “Pensiamo a frana, gasato, goduria, truzzo, tosto, sciroppare, di brutto, essere nel pallone, telare nel senso di 'scappare', l'uso avverbiale di alla grande, l'aggettivo giusto che ha avuto grande diffusione. Il giovanile, del gergo – ha proseguito Beccaria – non ha il carattere di segretezza, non è un linguaggio a parte ma è una varietà della lingua italiana. Coglie del linguaggio medio delle semplici scorie, non fa che riciclare, per esempio, dei messaggi pubblicitari, sei un permaflex per dire “un morto di sonno”, o televisivi. Ha uno spiccato aspetto ludico, infatti, lo si adopera in contesti non impegnativi. È un gergo transitorio in uso in determinate fasce d'età. Ne consegue la sua poca stabilità, con molte voci passeggere con funzione coesiva, di appartenenza ad un gruppo esclusivo. Il gergo – ha spiegato il docente – ha funzione di distacco ironico, polemico, ad esempio verso i genitori che erano dettimatusa o maturimba, denominati con un inglese improbabile,parentis o genitors, o con un falso latino, sapiens, babbus o mater, o ancorail vecchio, la vecchia,il fossile, il relitto, la salma, il cavernicolo,il vegetale, il semifreddo”. Lo studio si è poi soffermato sugli ulteriori procedimenti distintivi del gergo giovanile.“Tipico è il fenomeno del troncamento, prof, raga, vai tranqui, espressioni di esagerazione come da urlo, da panico, galattico, spaziale, una cannonata, una bomba, una favola, fino a processi di inglesizzazioni come la parola drinkare”.
Il “politichese”. Tra i maggiori interessi del festeggiato della giornata Erasmo Leso, un posto d'onore spetta al linguaggio politico. Lo studioso Luca Serianni ne ha delineato i tratti distintivi. “A differenza dei linguaggi settoriali propriamente detti – ha introdotto Serianni – quello politico manca di un destinatario specifico. I politici si rivolgono all'intera comunità e nei loro discorsi è molto forte la componente persuasoria. Il linguaggio politico è quindi affiancabile a quello della pubblicità”. Un ulteriore aspetto messo il luce da Serianni. è la mancanza di un linguaggio politico che sia specifico, settoriale. “C'è un'oggettiva difficoltà nel catalogare le fonti di riferimento per questo tipo di linguaggio. Da una parte i discorsi dei politici che dovremmo andare a ricercare nella comunicazione televisiva, dall'altra il ruolo dei giornalisti che coniano ogni giorno nuove testimonianze lessicali”. Lo studioso ha in ultimo messo in luce i caratteri del linguaggio politico moderno. “Oggi si ravvisa un generale appiattimento del linguaggio politico sul modello linguistico dell'uomo di strada. Si tenta di far passare un messaggio di “rispecchiamento” per cui l'uomo politico sarebbe come tutti gli altri e quindi autorizzato a comportarsi come farebbe chiunque altro. Altri aspetti tipici – ha spiegato lo studioso – sono il frequente uso della battuta comica, l'inserimento del turpiloquio e lo slittamento di clichè propagandistici da una parte all'altra dello schieramento politico”.