Erasmo Leso, ordinario di Storia della lingua italiana all'università di Verona, ha una lunga esperienza nel campo dell'insegnamento. Studioso di grammatica italiana, da sempre interessato a questioni inerenti la lingua e i linguaggi settoriali, in particolare quello politico, è stato anche organizzatore dei corsi di laurea in Lettere e Filosofia e in Scienze della comunicazione. Abbiamo parlato col docente della sua esperienza come insegnante, del suo rapporto con gli studenti, ma anche delle condizioni in cui versa l'università e di come sta cambiando la nostra lingua, durante la giornata di studio "I linguaggi settoriali in Italia" organizzata in suo onore.
Professor Leso, com'è il suo rapporto con gli studenti? E' cambiato nel tempo?
E' cambiato, inevitabilmente. Oggi i ragazzi sanno molto meno, sono molto meno preparati di una volta, non a causa loro ma della piega che ha preso la scuola, la società. C'è una incultura più generalizzata di cui gli studenti portano le conseguenze. Quindi l'atteggiamento che ho nei loro confronti è – credo – di maggior comprensione, anche se questo non significa lasciar correre, che sarebbe un errore. Negli anni ho cercato di mantenere una certa dose di severità qualitativamente accettabile.
Dove ravvisa l'origine dell'incultura generalizzata di cui parla?
Nella scuola superiore forse, ma già credo nella media inferiore. E' alimentata soprattutto dal tipo di cultura che la società propone, una cultura televisiva, di intrattenimento. Senza dubbio c'è un'influenza negativa dei media sul tipo di cultura che viene proposta alle nuove generazioni.
All'università attribuisce qualche responsabilità?
L'università di massa è un altro fattore da tenere in considerazione. Una volta gli studenti erano meno e più selezionati, anche da un punto di vista sociale. In questo senso era inevitabile un allargamento degli accessi, però occorreva una maggiore attenzione nelle modalità. Per esempio non è possibile che prima con 10 professori si insegnasse a 100 studenti e poi con lo stesso numero di docenti si insegni a 1000 studenti. Si doveva adeguare il corpo insegnante alle innovazioni degli accessi. Bisognava finanziare di più le università, i professori dei licei, che oggi sono demotivati.
Se dovesse dare un consiglio agli insegnanti del futuro quale sarebbe?
Per prima cosa direi di fare bene il proprio mestiere e poi di protestare, farsi sentire. Non è possibile che tutto ciò che è successo contro la scuola sia passato nell'indifferenza generale perché la scuola è importante per l'avvenire della società.
All'interno del quadro da lei delineato, come si inserisce la lingua italiana?
La lingua di oggi pare essere la lingua del nulla, cioè una lingua che non dice niente. Viviamo in un momento storico in cui una cosa detta, oggi, viene ritirata domani. Insomma, oggi la lingua viene trattata come se fosse priva di senso, come se non dicesse nulla.