L’Università moderna si differenzia dall’Università tradizionale soprattutto perché quella rappresentava il meccanismo per produrre un dominio di proprietà della conoscenza e della trasmissione di abilità professionali. Questa, l'Università moderna, appartiene alla società civile e non solo perché mette a disposizione l’insegnamento di tutti coloro che ne hanno il potenziale di apprendimento, ma perché il suo sapere, i frutti della sua ricerca debbono essere messi a disposizione della collettività, per consentire la crescita individuale ma anche della cultura della comunità, che in qualche misura diviene titolare delle acquisizioni di conoscenza che si generano al proprio interno. Questa è una delle ragioni che giustificano, anzi, rendono necessario l’intervento dello stato sull’Università che è certamente formazione superiore del singolo, ma è progresso di sapere e della conoscenza universale.
Malgrado gli strumenti telematici abbiano messo a disposizione di chiunque l’informazione, non è facile attuare questa divulgazione al di fuori delle aule di studio, soprattutto non è facile farlo con la autorevolezza che proviene dalla qualificazione scientifica della fonte. E’ impressione molto comune di chiunque abbia avuto questa esperienza, che il più illustre scienziato invitato alla classica tavola rotonda o al diffusissimo talk show televisivo, anche se invitato ad illustrare temi attinenti alla sua indiscussa competenza non riesce a trasmettere il valore di questa sua competenza che inevitabilmente si infrange di fronte al parere diverso formulato da un opinionista di occasione, per quanto ignaro della materia. Io sono per questa ragione convinto che questo tipo di manifestazioni siano degli spettacoli, non degli eventi culturali.
Laddove con le autorità territoriali si riesce a condividere il valore della educazione e della conoscenza collettiva, la potenza della curiosità, allora si riesce a costruire un sistema di condivisione mantenendone la competenza piena al di fuori dei corsi accademici. La formula è quella del festival scientifico, pensato tre anni orsono dalla dottoressa Coppari dell’Università di Verona e realizzato in collaborazione con il Comune di Verona e con il Consorzio Verona tutt’intorno, corredato della piena qualificazione scientifica derivante dal reclutamento di una parte consistente degli accademici veronesi ma anche di una folta schiera di alte personalità nazionali. Il marchio” Infinita….mente” dopo tre anni è ormai collaudato. Penso che sia una felice ed icastica espressione di quel vastissimo ambito nel quale si realizzano le neuroscienze insieme alle scienze cognitive, massima espressione della più alta connotazione dell’essere umano, la mente. Il nostro ambizioso obiettivo è quello di aggiungere alle attrazioni di questa splendida città, oltre a Shakespeare, oltre all’opera lirica, oltre al suo fantastico vino, anche questo evento di divulgazione scientifica.
Spesso, particolarmente in alcuni contesti culturali, il presupposto teorico inconscio del vero e dell’erroneo è interpretato, sia per la scienza che per le arti, come l'esistenza di un assoluto al quale avvicinarsi in termini di progresso. Una serie di approssimazioni lineari verso un qualcosa che esiste al di fuori e verso il quale l'uomo si spinge per tentativi, con l’ipotesi di raggiungere un traguardo. In questo senso la conoscenza viene interpretata come un progresso lineare. Si può tuttavia immaginare come ipotesi più affascinante e vicina al "vero ontologico" un'idea di proiezione all'esterno di dimensioni che sono intrinseche alla natura umana; come se ogni uomo avesse il bisogno naturale di leggere la storia personale di ciascuno e, in una proiezione complessiva, la storia dell'uomo come un progresso-miglioramento – concetto ispiratore, ad esempio, per molti aspetti del percorso di ipotetico progresso nelle cure mediche – mentre si tratta forse di una dimensione intima, intrinseca all'uomo. Una dimensione che nella sua dinamica dialettica continua a spingere dall’interno ma non implica un'idea di progresso lineare, quanto un percorso per cerchi concentrici, la cui dimensione, forse, in questa fase storica è resa un po’ nebulosa da un comune atteggiamento di appagamento dei sensi. Per questa ragione o, meglio, in quest’ottica, un festival che collochi gli aspetti dell’errore, perfezione, differenza come dimensioni esistenziali e trasversali ai diversi orientamenti disciplinari, sembra essere la naturale conseguenza delle precedenti edizioni e può rappresentare un'occasione per scoprire in se stessi che questi tre aspetti non sono contraddittori, ma sinergici.