In Africa, 60 milioni di persone rischiano di contrarre la malattia del sonno. L’obiettivo di Paul Faustin Seke Etet, neo dottore di ricerca in Neuroscienze, è quello di trovare per tempo una cura per aiutare il suo continente a combattere una delle patologie più diffuse dopo Aids e malaria. Alla discussione della tesi di dottorato, svoltasi nell’aula Gavazzi, dal titolo “Sleep and wake alterations in African trypanosomiasis: functional and hystopathological study” ha partecipato anche Alfred Njamnshi, docente di Seke all’Università di Yaoundé in Camerun.
Il giorno della proclamazione. Vestito con un abito da cerimonia tipico della zona dell’Africa del nord, Seke, in questo modo ha voluto dedicare i frutti della sua ricerca, durata quattro anni, al suo paese di provenienza. Anche il suo professore dell’Università di Yaoundé ha indossato un abito da festa, più colorato, perché originario dell’Africa dell'ovest e perché appartenente ad un’altra religione. Il fatto di avere lì con lui, durante la discussione, le guide nella carriera accademica, Njamnshi e Marina Bentivoglio, ordinario di Istologia dell'Ateneo scaligero, ha messo in luce l’anima della sua ricerca scientifica, un ponte tra l’Africa e Verona. E Seke, originario del Camerun, ha scelto Verona per un motivo specifico. “Ho scelto Verona perché voi avete la fortuna di avere Marina Bentivoglio, una delle migliori nel campo delle Neuroscienze – ha spiegato Seke – volevo svolgere il dottorato sotto la sua supervisione. Il dottorato è considerato l’inizio della vita scientifica e qui, a Verona, credo di averla iniziata al meglio.”
La ricerca di una cura e progetti futuri. La malattia del sonno, causata dalla puntura della mosca Tse-Tse, è una malattia tipicamente africana. “Anche se è ufficialmente sparita negli anni Trenta del Novecento, oggi sta tornando – ha analizzato il neo dottore -. Si teme che nei prossimi anni si sviluppi una nuova epidemia, perciò bisogna trovare le armi giuste per combatterla. Della malattia sappiamo che si sviluppa in due fasi, ma non si sa ancora con precisione quali farmaci usare per ciascuna fase.” 60 milioni di persone rischiano di contrarre la patologia in diversi paesi del continente africano. Quelli più a rischio sono il Sudan, il Chad, la Costa d’Avorio e il Congo. “In molti paesi africani a causa dell’instabilità politica non ci sono più controlli sanitari” ha spiegato Seke . Dopo aver studiato i metodi per determinare i parametri clinici della malattia, Seke intende applicare le nuove conoscenze acquisite sul campo. “Il dottorato è finito ma la malattia c’è ancora – ha detto Seke -. Tornerò in Africa per lavorare perché c’è un grande bisogno di specialisti.”