Viaggiare, che passione! Ma come e cosa dire per evitare situazioni spiacevoli e riuscire a comunicare con efficacia? Ne abbiamo parlato con Roberta Facchinetti, ordinario di Lingua inglese, in occasione della presentazione del volume “Studies on English Modality”, scritto a quattro mani con il docente Anastasios Tsangalidis, dell’Università di Salonicco, svoltasi nei giorni scorsi in Biblioteca Frinzi.
Professoressa, quali sono gli aspetti peculiari del libro “Studies on English Modality”? Il volume si concentra sulle molteplici realizzazioni della modalità verbale, intendendo per ‘modalità’ il modo in cui un parlante o scrivente esprime la propria soggettività in rapporto ad uno stato di cose. Si prende spunto dall’inglese, ma si toccano anche lingue quali il greco classico e moderno, lo spagnolo e il portoghese brasiliano. Al di là di ogni valenza pragmatica o retorica di un lessema modale, ciò che resta incontrastato è la poliedricità del sistema linguistico, l’ambivalenza e indeterminatezza della lingua, che ha la notevole capacità di lasciarsi plasmare dall’intenzionalità dell’autore e conseguentemente di plasmare il contesto stesso in cui viene utilizzata.
Se da una parte la cultura, attraverso la lingua, unisce un gruppo di persone ben definito, dall’altra sembra dividere rispetto a tutti gli altri parlanti. Esiste un punto d’incontro? Lo spiegherò con una metafora. Il punto d’incontro è – come spesso nelle diverse situazioni della vita – un crocevia di quattro punti cardinali, che, nel caso del rapporto lingua-cultura, sono più che mai: conoscenza, rispetto, apertura e impegno. Tutte le parti coinvolte, e nel caso della lingua inglese a volte sono più di due le culture che si trovano a confronto, devono ritrovarsi a questo crocevia per procedere poi in modo integrato. Se solo uno degli interlocutori fa uno sforzo in avanti, il risultato rimane parziale e rischia anche di essere dannoso per entrambe le parti, soprattutto a livello linguistico. Ad esempio, Arabi ed Ebrei hanno due modi ben diversi di strutturare il linguaggio, derivanti dalle loro diverse culture. Se per un Ebreo il linguaggio ‘cortese’ e attento a evitare lo scontro verbale – caratteristico invece del mondo arabo – può essere interpretato come sintomo di falsità o disonestà, per gli Arabi, un linguaggio considerato troppo diretto rischia di essere sintomo di maleducazione, mancanza di rispetto e prepotenza. L’incontro linguistico tra gli uni e gli altri parte dalla necessità di conoscere i due retroterra culturali e le culture che intrinsecamente ciascuno porta con sé nel gestire il proprio discorso. Dalla conoscenza al rispetto, all’apertura e all’impegno il passo è più breve di quanto si immagini.
Esprimersi in modo efficace è fondamentale. Ma quanto incide la cultura per trasmettere con efficacia un messaggio? Ci sono alcuni aspetti culturali che sono fondamentali per veicolare un messaggio. Se io mi trovo in Sud Africa, devo sapere che da loro la parola “robot” non significa ciò che intendiamo noi, bensì indica il ‘semaforo’, devo quindi rispettare il loro uso linguistico adeguandomi alla loro cultura locale. Così anche per i numeri: in Giappone il numero che porta sfortuna è il 4, nel Regno Unito è il 13. Molto dipende dunque dal contesto e dalla situazione, ma più si conosce la cultura locale, più si riesce a entrare in sintonia e in comunicazione con l’altro.
Gesti e parole uguali possono avere significati differenti se usati in diversi contesti culturali. Può fare ancora qualche esempio?Certo. Partiamo dalle scarpe da ginnastica. In America si chiamano “sneakers”, in Francia si chiamano “baskets”. Nel linguaggio comune gli “sneakers” sono ‘persone che si muovono furtivamente’, mentre i “baskets” sono ‘cestini’. A Cuba la boxe è considerata un’attività educativa e i ragazzi sono incoraggiati a praticarla a livello competitivo nelle scuole. Nel New South Wales, in Australia, questo sport è invece bandito dalle competizioni per legge. Ciò che per noi è l’ultima pagina di un libro è invece la prima pagina nelle culture mediorientali. Anche i fiori possono avere significati diversi in culture diverse: una rosa gialla indica amore in Inghilterra, mentre indica mancanza di amore in Cile. Infine, l’incontro dei bicchieri per fare un brindisi in Italia, come negli Stati Uniti, è un auspicio di buona fortuna, ma in Ungheria è invece simbolo di sfortuna.