La peggior cosa che si possa fare è sicuramente citare se stessi. Nondimeno ripeterò ciò che ho dichiarato l’anno scorso alla presentazione di una iniziativa scientifico-didattica di grande successo, il Festival Infinitamente.
Dissi: Ritorna in veste più ricca e interdisciplinare, esprimendo in chiave divulgativa i risultati di quella che riteniamo la più autentica missione dell’università: la ricerca, che è madre della didattica e motore dell’innovazione, volano di ogni progresso dell'umano agire. Il mondo della ricerca è popolato di protagonisti spesso ignorati dagli onori della cronaca, che più di frequente privilegia, come ben sappiamo, personaggi creati da qualche improbabile format televisivo. Per fortuna, c’è un pubblico più esigente e consapevole”
Mi sento autorizzato a ripetere queste affermazioni perché so essere condivise. Recentemente Alberto Di Minin, della Scuola Superiore Sant’Anna, nella edizione 2009 diOccasional Paper di Finmeccanica afferma: ,”Attestandosi su un modello di economia e di industria che opera con limitati impieghi di ri-cerca e di capitale umano qualificato, l’Italia ha sacrificato il potenziale dell’università e deigiovani talenti come volano del progresso scientifico e tecnologico e del cambiamento culturale e organizzativo”
E si potrebbe aggiungere che così facendo si sono penalizzate le opportunità di investimento in nuovi settori (da considerarsi vitali per una crescita economica sostenibile e significativa) perché è mancata e manca la capacità di far emergere e mettere a frutto nuove idee e progetti che nascono dalla ricerca e dalle nuove conoscenze.
L’innovazione ha bisogno di ottima ricerca di base e di eccellenza scientifica; poi anche di investimenti privati e strutture di raccordo, di trasferimento tecnologico attento al mercato. Purtroppo la miopia è una patologia evidentemente molto diffusa e non solo oculare. Essa inficia anche la capacità di proiettare lontano la visione intellettuale. L’atteggiamento prevalente in questo Paese che ha peraltro grandi presunzioni di cultura, è quello di ritenere che, in un momento difficile come quello attuale, non possiamo permetterci di investire nella scienza, coerentemente con una interpretazione della ricerca come qualcosa di simile a un bene di lusso, da accantonare come superfluo in un momento segnato dalle necessità.
Barak Obama nel suo intervento il 27 aprile del 2009 alla National Academy of Sciences ha tracciato le linee di fondo della sua politica per guardare oltre gli interventi contingenti imposti dalla crisi. Il presidente Obama è consapevole che, se si vuole riconfermare agli Stati Uniti il ruolo di leader mondiale nell’innovazione scientifica e tecnologica, ruolo assunto programmaticamente mezzo secolo fa come risposta alla sfida della ricostruzione dopo la seconda guerra mondiale, è necessario sostenere la ricerca e lo sviluppo
La scienza è oggi più essenziale per la nostra prosperità, la nostra sicurezza, la nostra salute, il nostro ambiente e la nostra qualità della vita di quanto sia mai stata prima, ha sostenuto Obama. E dando a questa asserzione il significato di un vero indirizzo strategico, egli ha fissato come obiettivo primario quello di elevare al 3% del PIL l’attuale livello (2,5%) della spesa in Ricerca e Sviluppo .
Ma anche l’attuale Ministro dell’Università italiana la pensa allo stesso modo. Anch’ella ha dichiarato che“La ricerca scientifica è un modo per superare l'attuale crisi economica. Credo nell'importanza di promuovere la ricerca e l'attività spaziale per far emergere dalla crisi un'Europa più forte e competitiva''. Però il nostro governo si è comportato in maniera esattamente opposta, tagliando indiscriminatamente i punti cardinali alle Università italiane con una riduzione del fondo di finanziamento ordinario che si avvia a raggiungere il 20% del consolidato 2009, azzerando i fondi per l’edilizia, tagliando le dotazioni nazionali per la ricerca scientifica, ma soprattutto perseverando con interventi di significato esclusivamente politico che smentiscono clamorosamente qualsiasi appello alla meritocrazia.
La comunicazione di questi ultimi giorni, inattesa ed incomprensibile, della concessione di un pesante fondo superiore al miliardo di euro alle sole Università del Sud ci sconcerta e solleva la domanda: Perché questa esclusione? E’ una punizione? E’ una scelta di investimento? E’ sfiducia nelle altre Università? Sono domande senza plausibile risposta, che non mancano di esprimere la frustrazione per scelte cieche il cui unico risultato sarà di aggiungere al sacrificio la consapevolezza della sua inutilità.
A voi giovani che oggi affacciate concludete il vostro percorso di Dottorato, ricchi dei frutti del vostro studio e della vostra capacità di fare ricerca e, come tali, di offrirvi alla crescita culturale, scientifica e tecnologica di un Paese che ha tantissimo da recuperare, mi sia consentito di lanciare un messaggio. Il vostro contributo al futuro di questo Paese, che sarà presto nelle vostre mani, non sia solo di natura professionale, perché la vostra professionalità la potete realizzare anche all’estero. Sia arricchito dalla coscienza dell’urgente bisogno che l’Italia ha di una classe dirigente capace di aprirsi agli stimoli positivi che provengono dalla globalizzazione economica, dalla competizione, dal confronto che diventa vincente solo quando ha regole trasparenti e di merito, solo quando il personalismo, l’affarismo, la corruzione, il privilegio vengono abbandonati.
Oggi più che mai ci confrontiamo con un triste e preoccupante fenomeno, quello di cui spesso le Università sono indicate come colpevoli: la fuga dei cervelli. Voi siete la testimonianza che questo è un alibi. La cerimonia di oggi consegna al mondo del lavoro ancora una volta più di cento esperti di massimo livello in tanti ambiti disciplinari. L’Università, malgrado tutto, ha fatto la sua parte. Ma se chi ha la responsabilità di tenere le redini del procedere della nostra società non crea le opportunità e gli strumenti, non sa o non vuole mettere a frutto questo grande potenziale, questo regalo che voi offrite, di chi sarà la colpa se qualcuno di voi sarà costretto a trovare la sua realizzazione all’estero, dove avrà modo di far apprezzare e valere le sue capacità?
Voi siete considerati dei privilegiati. E lo siete, perché avete avuto il dono delle capacità intellettuali, della opportunità di potervi permettere un così lungo periodo di gravoso impegno formativo, di sacrificio, di mancato reddito, spesso di impossibilità di costruirvi una vostra vita personale e familiare. Se questa società non coglie la qualità del vostro sostanziale contributo alla crescita collettiva del livello di educazione, di cultura, di maturità scientifica della comunità, vuol dire che essa è in arretrato di almeno mezzo secolo e ha interpretato la rivoluzione della fine degli anni 60 come una mera rivendicazione di diritto individuale e non come una rivoluzione culturale della propria interezza. Voi non dovete essere considerati come persone che sono vissute nella bambagia in questi anni trascorsi a sollazzarsi nell’esile attività di studiare. Voi e le vostre famiglie meritate il plauso ed il ringraziamento della nostra gente per il sacrificio fatto per arrivare a poter dire come voi fate oggi: eccomi questi sono i miei crediti, questo è il mio potenziale scientifico. E’ una risorsa, usatela.
Non vorrei chiudere però su toni esclusivamente allarmistici, che sarebbe un peccato di omissione non impiegare.
Fortunatamente la rassegna stampa di oggi, anche dei nostri giornali locali, riporta esempi di eccellenze italiane, e veronesi nello specifico, che hanno dedicato la loro giovinezza allo studio in Italia, hanno continuato a sacrificare la propria vita personale nella non facile avventura della perfezionamento della propria competenza professionale e scientifica all’estero, e poi, quando forse avrebbero potuto cominciarne a goderne i frutti, hanno scelto di ritornare a casa propria per realizzarsi tra le mura domestiche.
E’ vivo l’apprezzamento per questo consistente numero di persone, credetemi, ben di più di quanto si creda..
Ecco allora il messaggio positivo, non vanamente ottimistico ad ogni costo. Non crediate che si sia giunti alla fine del mondo o perlomeno di un sistema. Le difficoltà ci sono sempre state, più o meno gravi. La attuale congiuntura economica è seria, ma si ridimensiona se paragonata a quanto non nella storia dei tempi ma solo qualche decennio fa alcuni di noi abbiamo potuto sperimentare: la devastazione della guerra.
Bisogna essere consapevoli che per chiedere bisogna dare e che se si è in grado di dare, se se ne hanno le capacità e l’impegno, allora si può e si deve pretendere, non solo per giusta rivendicazione personale, ma per coscienza civica, per consapevolezza che l’interesse della società non è dissociabile da quello individuale, che uno sguardo non miope proiettato in un futuro assistito dalla moderna scienza e tecnologia ci fa vedere una umanità attiva, solidale, guidata da scelte di natura etica e non utilitaristica.
Non considerate, vi prego, queste come parole di circostanza. Credetemi, in esse sono convinto che possiate cogliere tutto l’apprezzamento che meritate, l’incoraggiamento a proporre con determinazione il vostro apporto alla società, aiutandola a riconoscere il valore del capitale intellettuale e a non negarne il significato, ed infine un veramente sincero augurio per un futuro finalmente aperto rinnovo allo sviluppo e alla valorizzazione dei giovani che ne sono il motore e la speranza