L’identità italiana dagli anni Cinquanta ad oggi è legata al concetto di libertà e soggettività individuale. Questo è quanto emerso dalla conferenza “L’identità degli italiani: un’analisi sociologica” tenuta dal sociologo Giuseppe De Rita, presidente del Censis. L’intervento apre il ciclo tematico di incontri “Essere italiani oggi” promosso dall’università di Verona, dal Collegio Don Nicola Mazza, dall’Esu, dalla fondazione “G. Zanotto” e dall’istituto “S. Pietro Martire”.
Anni Settanta. Nella sua analisi, il presidente del Censis individua il punto di svolta della libertà di coscienza nel 1962, con le affermazioni di don Alberto Milani. Seguono gli anni Settanta con la loro ben nota esplosione di soggettività: passa in primo piano la dimensione del rapporto con se stessi, “l’io è il principe di questo mondo” sottolinea De Rita. Infatti questi sono gli anni del referendum sul divorzio e sull’aborto, della crisi del sacramento della confessione. Ma sono anche gli anni in cui esplode la piccola impresa italiana: le unità industriali censite nel territorio italiano raddoppiano passando dalle 510 mila del 1971 al milione nel 1981.
Anni Duemila. "Col passare degli anni, però, – ha detto il professor De Rita – la soggettività è scaduta nel soggettivismo, nel rifiuto dell’altro e dell’autorità". Questo spiega in parte la crisi profonda degli anni Duemila, gli anni del declino del made in Italy, della creatività italiana, e anche gli anni dell’emergere di Silvio Berlusconi, un imprenditore per l’appunto, icona del soggettivismo che più di chiunque altro seppe cavalcarne l’onda.
La situazione oggi. Dall’analisi sociologica del presidente del Censis emergono tre diverse identità che si sovrappongono. La prima è dovuta a un’ulteriore crisi del soggettivismo che corrompe lentamente parte del popolo italiano, creando da una parte una casta di “impuniti”, mentre dall’altra ci sono spesso ragazzi alle prese con problemi di depressione, anoressia e droga. La seconda è l’identità uscita dagli anni Settanta: quella dell’Italia che funziona ma non è in grado di esprimersi, degli imprenditori che si sono fatti un’azienda e ancora la portano avanti ma non possono parlare perché non si riconoscono più nella comunicazione di massa. La terza è rappresentata dagli italiani che non hanno più fiducia in sé stessi, si sentono delusi, emarginati, o peggio provano la “terribile vergogna di essere italiani”.
Per concludere. De Rita sprona tutti i presenti, soprattutto i giovani studenti, a uscire dall’impasse di un ciclo di soggettività ormai finito e offre la sua soluzione: “riscoprire la cultura della relazione con se stessi, con gli altri e infine la più necessaria con l’interesse collettivo, con il bene pubblico, per una nuova osmosi tra cittadini e politica”.