“Pre-occuparsi di … occuparsi. esiti e prospettive di una ricerca sui prestiti d'onore” è il titolo del convegno che si è tenuto lunedì 5 dicembre alle 9.30 nella chiesa di San Pietro in Monastero (via Garibaldi 3 Verona) promosso dal dipartimento di Scienze Economiche dell’Università di Verona e dal Miur – Ufficio scolastico regionale per il Veneto. Un interessante appuntamento in cui sono stati illustrati i risultati di una recente ricerca dell’ateneo scaligero finanziata dalla Banca Europea degli Investimenti che ha indagato sui fattori che determinano la scelta di proseguire gli studi iscrivendosi all’università e la domanda dei prestiti d’onore in Italia. Un’indagine che ha coinvolto un campione di 2700 studenti dell’ultimo anno delle scuole superiori del Veneto e un campione di 3600 studenti delle varie università italiane. La ricerca, coordinata da Federico Perali, ordinario di Politica Economica, è stata curata da Federica Barzi dottoressa di ricerca dell’ateneo scaligero, da Luisa Ferreira e da Hubert Strauss della Banca Centrale Europea in collaborazione con Stefano Quaglia dell’Ufficio scolastico della Regione Veneto e di Laura Donà e Nadia Dallago dell’Ufficio scolastico provinciale.
Numerosi gli ospiti che nel corso della mattinata si sono confrontati su questo tema. Marco Luciani, assessore alle Politiche Giovanili della Provincia di Verona, Stefano Quaglia dirigente tecnico dell’Ufficio Scolastico Regionale del Veneto, Federico Perali, direttore del Dipartimento di Scienze Economiche dell’Università degli Studi di Verona, Domenico Francullo presidente dell’Esu, Maurizio Danese presidente di Verona Innovazione e di Confidi Veneto, Federica Barzi dottore di ricerca in Economia e Finanza, Alessandro Ferrari vicepresidente Ggi – Api Verona, Tommaso Zanini membro del consiglio di sorveglianza del Banco Popolare. A coordinare i lavori Laura Donà del 12° ufficio scolastico di Verona e Mariafiorenza Coppari, responsabile della Comunicazione integrata dell’Università.
Il contesto della ricerca. I prestiti d’onore in Italia hanno recentemente riscosso molta attenzione anche da parte delle istituzioni nazionali e locali ma, per diverse ragioni, non hanno trovato adeguata diffusione. Il ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca nella recente riforma universitaria propone di istituire un fondo speciale che eroga buoni studio e garantisce prestiti d’onorefinalizzato a promuovere l’eccellenza e il merito fra gli studenti. La rivitalizzazione dei prestiti d’onore per gli studenti è un obiettivo primario anche per il ministro della Gioventù che riconosce nel prestito d’onore, oltre che uno strumento che rende più equo l’accesso agli studi universitari, un mezzo a sostegno dei giovani affinché possano progredire con i loro mezzi al raggiungimento dell’indipendenza economica e decisionale. Anche secondo l’Ocse la strada per migliorare il rendimento dell’investimento nell’istruzione universitaria passa attraverso il rafforzamento dell’offerta di forme di finanziamento individuali per rendere meno stringenti i vincoli di liquidità e per favorire un accesso eguale all’offerta universitaria.
L’obiettivo è di comprendere quali sono le migliori azioni per offrire ai giovani, anche attraverso l’introduzione dei prestiti d’onore, le stesse opportunità formative a livello universitario di cui godono gli studenti europei e di ricavare suggerimenti utili per migliorare l’attuale offerta del servizio. La ricerca identifica gli ostacoli finanziari o di altra natura incontrati dai giovani nell’accedere ai prestiti e offre prescrizioni utili ai decisori pubblici su come superare le barriere all’accesso. Lo studio, inoltre, descrive i fattori che influenzano le prestazioni scolastiche sia di studenti delle scuole superiori sia universitari e i motivi che determinano la scelta di proseguire negli studi o di cercare lavoro. I risultati ottenuti rivestono particolare interesse per le politiche sull’istruzione per quanto riguarda sia la Regione Veneto sia il territorio nazionale.
I risultati. “L’indagine mostra che l’iscrizione all’università è un’opzione accessibile a tutti gli studenti uscenti e meritevoli indipendentemente dalle condizioni economiche della famiglia d’origine – spiega Perali – . La scelta di andare all’università non è vista come una prospettiva rischiosa, quanto piuttosto come un investimento che garantisce maggiori opportunità lavorative, possibilmente vicine alle proprie aspirazioni, e non salari più elevati. Il conseguimento della laurea universitaria è percepito come una forma di assicurazione e non come un investimento il cui rendimento può essere comparato con i saggi d’interesse che potrebbero essere conseguiti con investimenti finanziari alternativi. Dato questo contesto, potrebbe non sembrare ragionevole richiedere prestiti d’onore se non sono efficaci nel rendere l’accesso all’università che più si desidera più equo. Sembra lecito dunque chiedersi se i prestiti d’onore sono di fatto interessanti per gli studenti italiani. La ricerca mostra che circa il 40% degli studenti intervistati sono propensi a richiedere un prestito fiduciario, ma come semplice prestito che gli consente soprattutto di affrancarsi dai genitori. Il 53% degli studenti delle superiori e il 58% degli studenti universitari dichiara di avere intenzione di indebitarsi per diventare indipendente economicamente dai propri genitori. Questa evidenza potrebbe sfatare il mito dei “bamboccioni.” I giovani italiani sembrano disposti ad abbandonare il nido familiare per intraprendere il percorso di vita camminando sulle proprie gambe. Le buone intenzioni non sono sempre seguite dai fatti, come ben sappiamo. I nostri giovani sembrano, infatti, incontrare degli ostacoli insormontabili di varia natura che rendono più conveniente la permanenza in famiglia. Il rischio di non riuscire a ripagare il prestito potrebbe diventare più alto e la possibilità per le nuove coorti di giovani italiani di liberarsi dell’appellativo di “bamboccioni” potrebbe diventare una chimera. Rimuovere il valore legale della laurea, d’altro lato, porterebbe a un probabile aumento delle tasse universitarie. In questa situazione, i prestiti d’onore potrebbero essere considerati per ciò per cui sono stati effettivamente disegnati, cioè uno strumento efficace per rendere l’accesso all’istruzione universitaria più eguale. Dal punto di vista dei decisori politici che disegnano i programmi di sviluppo dell’istruzione e del welfare, la questione dei prestiti d’onore rappresenta un groviglio difficile da districare”
“Una barriera naturale potrebbe essere rappresentata dalla difficoltà di ripagare il prestito – aggiunge Barzi -. I rendimenti dell’istruzione poiché il livello dei salari in Italia è fra i più bassi d’Europa, specialmente per chi è in cerca della prima occupazione. La pressione fiscale è così alta da non far presagire un innalzamento dei salari nel prossimo futuro. I contratti di lavoro collettivi aggiungono rigidità al mercato del lavoro, che non è sufficientemente efficiente da remunerare in modo appropriato le abilità acquisite con l’istruzione universitaria. Dopotutto, le università italiane mandano alle aziende dei segnali molto flebili relativi alla qualità dei laureati. A causa del valore legale della laurea, tutti i laureati italiani sono gli stessi, al sud come al nord.”.