Un ciclista scatta. Sudore. Fatica. Sono gli ultimi momenti di una corsa lunghissima e sfiancante. La folla impazzisce. Gli ultimi metri. “Au Vélodrome” è un quadro dalla forza espressiva straordinaria. Realizzato nel 1912 da Jean Metzinger, il dipinto è stato oggetto di una campagna di analisi non invasive che ha coinvolto il centro Laniac del dipartimento Tesis dell’Università di Verona. Il laboratorio veronese per l’analisi delle opere antiche, moderne e contemporanee ha collaborato ad una ricerca internazionale che ha coinvolto le maggiori università italiane. I risultati sono pubblicati nel catalogo edito da “The Solomon R. Guggenheim foundation” di New York, nel capitolo “Al Velodromo di Jean Metzinger: un'indagine non invasiva dei materiali e della tecnica pittorica”. L’opera sarà esposta sino al 16 settembre alla Collezione Peggy Guggenheim di Venezia per la mostra “Ciclismo, Cubo-Futurismo e la quarta dimensione”, a cura di Erasmus Weddigen.
I colori. Il contributo del laboratorio scaligero è stato importante per l’identificazione dei colori impiegati dal pittore francese. "Una ricerca impossibile ad occhio nudo, per la complessità della tavola cromatica utilizzata – spiega il gruppo di ricerca dell'ateneo – . Grazie all’impiego di moderne tecniche scientifiche e strumenti all’avanguardia è stata ricostruita la tavolozza di “Au Vélodrome” senza effettuare alcun prelievo. Vastissima la gamma di colori utilizzati: bianco di zinco e di piombo, nero a base di carbonio, tre tipi di giallo, il rosso cinabro a base di mercurio, ma anche terre rosse più scure, il blu oltremare, il verde Veronese, composto a base di rame e arsenico e il verde brillante di cromo e zinco".
Au Vélodrome. Il dipinto racconta le gesta di Charles Crupelandt, vincitore della Parigi-Roubaix, la leggendaria corsa francese sul pavè. Metzinger, con pennellate ora sottili e delicate, ora forti e grossolane ha voluto raccontare, su tela, uno scorcio epico della gara. L’autore ha anche incollato alcuni ritagli di giornale a collage, invisibili a occhio nudo ma rintracciabili con le più moderne tecniche a infrarossi. Un’opera complessa sotto tutti i di vista, tangibile dimostrazione della forza espressiva dell’arte cubista. La collaborazione con il Laniac è stata richiesta alla fine del 2011 da Ferruccio Petrucci docente del Dipartimento di fisica, Infn e laboratorio Tekne-hub di Ferrara.