Nuove frontiere per lo smaltimento dei rifiuti organici. Il dipartimento di biotecnologie dell’ateneo con il Politecnico di Torino, la Società metropolitana acque Torino, Ato-R, l’organizzazione competente per le acque reflue e la federazione degli industriali Anima-Uida, ha avviato una ricerca per studiare il recupero dei rifiuti umidi e alimentari che tutti i giorni produciamo nelle nostre case. Tra il 2010 e il 2011 è stato realizzato un progetto di ricerca che ha coinvolto la città di Chieri nel torinese. Un piano per studiare e valutare le conseguenze tecniche ed economiche di uno smaltimento nuovo e innovativo. Tutto tramite un piccolo elettrodomestico, il Dra, dissipatore di rifiuti alimentari, collegato al lavello e capace di triturare e sminuzzare grandissime quantità di rifiuti che poi andranno a defluire direttamente nella rete fognaria.
Il progetto. L’obiettivo è quello di scoprire modi innovativi ed efficaci per valorizzare i rifiuti. In un territorio eterogeneo come quello italiano, la raccolta porta a porta dell’umido può essere a volte meno sostenibile di altre tecniche, che devono essere valutate. Come negli Stati Uniti, dove i DRA sono diffusi dal 1927. Tanti i benefici ma anche le criticità. Oggi nel nostro Paese i rifiuti organici domestici vengono raccolti e per la maggior parte mandati a compostaggio e trasformati in materia organica da riutilizzare. Seguendo un approccio di valutazione multicriterio della sostenibilità, altre strade potrebbero essere perseguite per valorizzare i rifiuti, anche portando all'integrazione del trattamento di acque reflue urbane e dei rifiuti organici domestici. Qui prende avvio lo studio nella città torinese. “Nella prima parte – ha spiegato Francesco Fatone, ingegnere chimico ambientale del dipartimento di biotecnologie dell’ateneo scaligero, responsabile scientifico dello studio – si è definita la potenzialità residua del depuratore, che può essere colmata tramite flussi di rifiuto alimentare dissipato. Il depuratore di Chieri è dimensionato su 60 mila abitanti ma utilizzato da 30-40 mila, dunque ha una capacità residua che può essere utilizzata con rifiuti organici derivati dall’installazione di oltre 4.100 dissipatori”.
Opportunità e criticità. Gli industriali produttori di dissipatori, associati nel gruppo Dra, organismo nato nell’ambito dell’Uida (aderente a Confindustria), hanno portato ad esempio il caso di Surahammar, città svedese che ha dotato i cittadini di dissipatori alimentari ottenendo una riduzione di rifiuti inviati in discarica. In dieci anni 3.500 abitazioni su 7 mila hanno installato il tritarifiuti e le tonnellate di organico in discarica sono passate da 3.600 all’anno nel 1996 alle 1.400 del 2007. “Il dissipatore è utile per la riduzione della Co2 emessa dai trasporti che raccolgono i rifiuti e per la produzione di energia attraverso il biogas – ha commentato Giuliana Ferrofino, presidente Uida-Dra e vice presidente Anima – Secondo i dati pubblicati da Ispra nel 2011, in Italia in media si può stimare un costo di raccolta, trasporto e trattamento della frazione organica di 50,10 euro a famiglia all’anno. Se 22 milioni di famiglie italiane fossero dotate di dissipatore, ci sarebbe un decremento di costi pari a ben oltre mezzo miliardo di euro all’anno”. Riducendo in poltiglia i rifiuti biodegradabili che scorrono attraverso la rete fognaria, il tritarifiuti fa risparmiare emissioni, evita che i rifiuti organici siano smaltiti in discarica, produce fango di depurazione che si può recuperare in agricoltura. "Ma in Italia siamo ancora all’inizio – conclude Fatone – con adeguatezza di reti fognarie e depuratori urbani da verificare. Uno sviluppo promettente per l'integrazione dei cicli di trattamento, da valutare con approccio scientifico e rigoroso, in collaborazione e sinergia con le aziende pubbliche di gestione del servizio idrico integrato e dei rifiuti urbani".