“La ricerca scientifica e tecnologica: luci e ombre nel presente e in un possibile futuro”. E’ stato questo il tema del secondo appuntamento del ciclo di conferenze «Giovani oggi, adulti domani, quali scenari nel mondo globalizzato?», promosso dal Collegio universitario femminile Don Mazza, sotto l’impulso di suor Germana Canteri in collaborazione con la Fondazione Zanotto con Università, Esu, Studio teologico San Zeno e Istituto Superiore San Pietro Martire. Relatore del secondo appuntamento è stato il filosofo Umberto Galimberti, docente all’Università Cà Foscari di Venezia, accompagnato da Filippo Varanini, giovane ricercatore in Fisica e Mario Longo, professore di Storia della filosofia all'Università di Verona.
Galimberti ha affrontato il tema oggetto del dibattito affermando come “bisogna smobilitare quella pigrizia del pensiero per cui si continua a pensare che l’uomo sia il protagonista della storia, quando da tempo non è più così. Possiamo dire invece e in tutta tranquillità come la tecnica è l’essenza dell’uomo. Questo perché l’uomo è privo di stimoli, non ha risposte rigide agli istinti. Il concetto dell’uomo senza istinti è presente in Tommaso D’Acquino, da Kant, da Nietzsche e da molti altri pensatori della storia”, quindi Galimberti ha affrontato una sorta di viaggio storico, partendo dalla Grecia antica, tra tecnica e natura. Quindi ecco la nascita della scienza “dovuta a Bacone e Galileo, una scienza matematica la loro. Cosa fanno? Formulano delle ipotesi sulla natura e verificano con degli esperimenti le loro ipotesi. Se gli esperimenti confermano quelle ipotesi allora queste diventano leggi di natura”. Galimberti nella sua ampia disamina si è soffermato poi sulla tecnica che “in qualche modo era l’elemento di misura durante la Guerra Fredda tra Unione Sovietica e Stati Uniti. Quando la tecnica americana è divenuta superiore allora c’è stato il crollo del comunismo”. Galimberti ha aggiunto come “la tecnica mette in discussione la stessa democrazia. Faccio un esempio. Ci si chiede se sia giusto o meno aprire centrali nucleari. Per poter rispondere in modo adeguato bisognerebbe essere tutti fisici nucleari, ma invece le decisioni vengono prese su basi irrazionali, a seconda di cosa dice uno schieramento o l’altro. Vedete, la tecnica così mette in discussione la democrazia, perché entra in scena la retorica, ossia la capacità di persuadere, perché non siamo competenti per decidere”.