Quando si parla di diritti delle donne, molti pensano alle femministe sessantottine, dimenticando che ormai sono trascorsi oltre cinquant’anni dalle loro dimostrazioni di piazza. Eppure la donna sta ancora compiendo il suo percorso di emancipazione, perché il divario di genere, specie in ambito lavorativo, esiste ancora.
Lavoro. Secondo i recenti dati diffusi dall’ Istat sui tassi di “Occupazione e disoccupazione” a settembre 2012 gli occupati sono 22.937 in diminuzione dello 0,2% rispetto ad agosto. Il calo riguarda esclusivamente la componente maschile. Ma, nonostante ci sia stato un aumento degli uomini disoccupati, la percentuale di donne, che non lavorano, rimane ancora alta.
Questa situazione è resa più chiaramente dal rapporto Istat “8 marzo: giovani donne in cifre”, dati aggiornati al 2009-2010, che sottolinea i diversi aspetti della vita di una persona, in particolar modo le disparità legate al genere.
Le donne, per quanto riguarda l’occupazione, sono sempre più svantaggiate: l’occupazione femminile è pari al 35,4%, contro il 48,6% dei maschi. Le laureate, in particolare, hanno un tasso di occupazione del 47,7% simile a quello dei proprio coetanei che è del 48,8%, mentre per i diplomati il divario è ancora alto, 50,8% contro 37,2%.
Formazione. Il 34,8% delle donne più giovani hanno un lavoro a tempo determinato contro 27,4% degli uomini. La percentuale di tempi determinati tra il genere femminile cresce con l’aumentare del titolo di studio, passando dal 28,8% al 35,0% per le diplomate, fino al 40,6% per le laureate. Secondo la fotografia dell’Istat, nel 2010 il 37,6% delle giovani donne segue un percorso di istruzione, contro il 30,7% dei maschi (nel 2005 erano rispettivamente il 33,3% e il 27,8%). Nel corso di cinque anni il livello di istruzione femminile è aumentato più che per i coetanei maschi e le laureate sono passate dal 10,5% al 14,9% delle donne della stessa fascia di età, mentre i laureati dal 6,9% al 9,4%. Le diplomate sono il 56%, come i loro colleghi diplomati, mentre il 29,2% delle giovani possiedono al massimo la licenza media contro il 34,8% dei maschi.
Famiglia. I dati confermano che, nonostante le donne siano più istruite rispetto agli uomini, c’è ancora un alto livello di disoccupazione femminile. Sono state emanate leggi sia dall’Unione Europea, sia dallo Stato italiano (come l’aggiunta del II comma all’art. 51 della Costituzione), ma ancora oggi è molto accentuata, dal punto di vista socio-culturale, la divisione dei ruoli nella famiglia. Basti pensare alla percentuale di tempo che una donna, moglie o figlia, impiega nei lavori di cura della casa e di bambini e di anziani, rispetto a un uomo: parliamo del 75,4% femminile contro il 37,3% maschile. Negli ultimi anni, grazie all’iniziativa di alcune parlamentari donne e all’istituzione del Ministero delle Pari opportunità, si stanno emanando e progettando leggi che consentano alla donna di poter conciliare la propria vita familiare con la situazione lavorativa e di poter dividere i proprio carichi di cura, dal punto di vista legale, con il proprio coniuge. Due di queste normative sono la legge n. 53 dell’8 marzo 2000 e il decreto legislativo n. 151 del 26 marzo 2011, che nel tempo stanno subendo varie modifiche, per meglio rispondere alle esigenze delle lavoratrici donne, e fanno parte di un programma molto più ampio di quel sistema che sono le cosiddette “Politiche di conciliazione”.