Non riesce facile sintonizzarsi sullo spirito delle festività, immersi come siamo in una crisi universale che trova la sua più evidente espressione nel crollo di alcune spericolate acrobazie finanziarie. Una crisi che disegna la sproporzione tra le risorse economiche ed un fabbisogno mondiale divenuto difficilmente sostenibile e il profondo disequilibrio nelle possibilità di accesso alle risorse stesse.
Particolare preoccupazione suscita l’atteggiamento di coloro nelle cui mani sono le scelte d’indirizzo e di governo del Paese necessarie a fronteggiare i gravi rischi della situazione in essere. Preoccupa la cieca faziosità, l’ incapacità di assumere ruoli responsabili, la fuga dalla solidarietà e dall’apertura a solide azioni di sistema. Colpisce in maniera del tutto particolare la propensione clamorosamente autolesionistica a considerare istruzione, ricerca scientifica, educazione superiore, in breve, sapere e cultura non come un bene fondamentale della collettività, non come un indispensabile volano per la ripresa e la crescita, ma soltanto come una concessione costosa e autoreferenziale fatta a pochi privilegiati e quindi del tutto opzionale. Per cui ora, come in passato, quando si ritiene di dover tappare qualche buco nelle operazioni finanziarie – oggi molto ottimisticamente definite “leggi di stabilità” – si ricorre a quel salvadanaio ormai semivuoto che è il finanziamento di scuola e università.
Non si tratta di una protesta corporativistica. E’ la constatazione – fonte di grave preoccupazione – dell’incapacità di capire che la tanto invocata politica della ripresa deve prevedere investimenti in ricerca, in formazione, in innovazione che ovunque rappresentano il modo più efficace per avviare un processo positivo che non rappresenti solo la fase, per definizione temporanea, di un riequilibrio di bilancio, quand’anche esso fosse raggiungibile esclusivamente con manovre finanziarie.
Sono profondamente convinto che il mondo dell’ Università e della ricerca per primo debba acquisire la piena consapevolezza di questo grande ruolo strategico e dell’enorme responsabilità ad esso connessa. Abbiamo moltissime potenzialità ancora inespresse, anche a motivo di un sentimento di sfiducia che dobbiamo sforzarci di superare. Due sono gli ambiti nei quali dobbiamo fare chiarezza: il riconoscimento del merito, prioritario e senza eccezioni e la disponibilità condizionata solo da obiettivi strategici di fare sistema.
Ho da sempre definito “virtuosa” la nostra Università, affermazione che non sempre è stata compresa. La ribadisco perché me ne faccio sempre più convinto. Forse – anzi, senz’altro – abbiamo sensibili spazi di miglioramento nella dimensione e nella qualità della’offerta formativa e probabilmente anche della ricerca. Ma debbo rivendicare la nostra trasparenza ed attenzione ai valori tutt’altro che opzionali della correttezza amministrativa e della lungimiranza gestionale che ci hanno consentito, in tutti questi anni di progressive restrizioni, di rispettare alcuni fondamentali obiettivi di programmazione triennale, grazie ai quali abbiamo mantenuto inalterato un fondo per investimenti discrezionali che ci ha consentito di assumere tutto il personale che era in attesa, di mantenere i piani didattici, di finanziare attraverso i Dipartimenti la ricerca di Ateneo in misura rilevante. Ed anche per il 2013, l’anno entrante che minaccia di portare una parte molto significativa delle nostre Università al dissesto finanziario, siamo in grado di assicurare al nostro Ateneo la piena sostenibilità della nostra programmazione, grazie ad un bilancio predisposto con previsioni di entrata prudenziali e realistiche. Certo, se questa assurda corsa al depotenziamento non troverà infine una pausa, saremo tutti destinati ad un certo punto all’implosione. Vogliamo sforzarci, tuttavia, di credere che questo non possa avvenire, che esista un livello insuperabile di irresponsabilità anche nel nostro disorientato Paese e che si riuscirà infine a ripensare in positivo. E allora potremo essere tutti soddisfatti di essere riusciti ad operare quanto ci era richiesto, a mantenere viva, attiva ed apprezzata questa nostra realtà, cresciuta e consolidata negli anni anche a livello internazionale e di aver contribuito a traghettarla sana attraverso una simile temperie. Nel corso dell'anno che sta per concludersi abbiamo affrontato e completato l'iter che ha portato alla designazione dei nuovi Organi collegiali, Senato accademico e Consiglio di Amministrazione. Abbiamo completato un percorso di rinnovamento importante e atteso, dal quale ci auguriamo nuovo impulso per le attività della nostra Università e per una più proficua sinergia con il territorio.
Ecco allora l’augurio di un Natale ispirato all’appello evangelico “agli uomini di buona volontà”: riteniamoci gratificati dalla coscienza dell’avere ben operato e rendiamoci disponibili a continuare questo nostro impegno, nella piena consapevolezza che non lo facciamo per noi stessi, che ci sforziamo di rinunciare al nostro più immediato interesse per privilegiare la collettività ed il suo futuro, per sostenere le generazioni più giovani cui dobbiamo guardare con senso di responsabilità e speranza.
Buon natale e Buon 2013 a tutti.
Alessandro Mazzucco