Sopra la testa del sistema universitario italiano oscilla da anni una sorta di spada di Damocle che più volte ha colpito, amputando le ormai insufficienti risorse ad esso destinate. L'ultima, intollerabile decurtazione ha privato il fondo di finanziamento nazionale di ben 300 milioni di euro, portandolo a 6,5 miliardi dai 7,5 della fine degli anni 2000.
Sembra quasi che chi decide sulle sorti della finanza pubblica abbia individuato nella ricerca e nell'istruzione superiore l'obiettivo più facile da colpire o il più meritevole da essere distrutto. Il mondo universitario ha reagito, secondo il suo stile, con i ragionamenti e con le dichiarazioni, confidando nel buon senso e quindi nel recupero di quella quota, dichiarata indispensabile con un pubblico appello della Crui al futuro Presidente del Consiglio.
Fiato sprecato? Se ne esce ora in Parlamento, nella discussione sulla conversione del " decreto del fare" la scoperta di qualcuno che il titolo costituzionale sul diritto allo studio non è attuato. Intendiamoci, non è mai stato attuato: è una competenza delle Regioni che, nelle fasi migliori, vi hanno investito un paio di centinaia di milioni, mentre in Francia il capitolo di spesa complessivo è di oltre 6 miliardi! Ma con questo emendamento qualcuno, nel nostro Parlamento, grida con orgoglio: abbiamo allineato il diritto allo studio all'Europa! E che ci voleva? Bastava togliere altri 250 milioni all’Università. Tanto l’abbiamo già tagliata del 15%, le abbiamo bloccato il reclutamento per anni, abbiamo abolito il fondo per l’edilizia. Tutt’al più, i protagonisti dell’Università italiana, fanno le valigie e se ne vanno all’estero a lavorare, in quei posti, magari come la Norvegia, nella quale il finanziamento statale delle Università è superiore di sette volte a quello italiano…
Però qualche sospetto nasce, rispetto a costoro che legiferano sull’Università. Che ci capiscano qualcosa? Già, perché alcune considerazioni lo mettono in dubbio: non è inutile finanziare borse studio se non si mettono le Università nelle condizioni di far studiare i titolari? Ma il diritto allo studio non è competenza specifica delle Regioni? Ma poi, non è incredibile è che questa penalizzazione, ricavata a scapito della quota variabile del Fondo Statale destinato al merito, gravi esclusivamente sulle Università che, in ragione della recentissima valutazione della ricerca da parte dell’Anvur, hanno dato il meglio in attività scientifica!
Un tempo si inneggiava alla “fantasia al potere”. Oggi forse tanta fantasia non se ne vede, ma vi è certamente una incredibile capacità di improvvisazione! Ma siamo sicuri che sia quello che ci vuole o non sarebbe piuttosto il caso di cercare un cambiamento radicale?