Lavoro nero, lavoro sommerso e comportamenti opportunistici. Sono questi alcuni dei numerosi spunti da cui nasce il progetto internazionale “Lavoro e legalità nella società dell’inclusione” coordinato da un team di ricercatori del dipartimento di Scienze giuridiche di ateneo sotto la guida scientifica di Donata Gottardi, direttore del dipartimento. Un progetto a più mani, promosso dal ministero dell’Università e della Ricerca, cui partecipano 11 atenei italiani e 15 università europee grazie ad un finanziamento del ministero di 71.693 euro. Il lavoro è stato presentato lo scorso 11 ottobre, nel palazzo di Giurisprudenza di via Carlo Montanari, durante la conferenza internazionale “Legal work and social inclusion in Horizon 2020” cui hanno preso parte numerosi team di ricercatori coinvolti nel progetto.
"In un momento storico nel quale il rispetto della legalità torna a rappresentare un valore fondativo delle scelte politiche e sociali – spiega Gottardi – diventa sempre più necessario rivolgere l’attenzione al lavoro e alle sue regole. Le continue riforme rischiano di oscurare il profilo dell’effettività e l’obiettivo dell’inclusione sociale. Il progetto “Lavoro e legalità nella società dell’inclusione” intende affrontare alcuni degli innumerevoli aspetti della lotta alla irregolarità del lavoro e nel lavoro e della promozione del lavoro regolare, non solo in prospettiva teorica, ma anche pratico applicativa, al fine di elaborare linee guida utili per tutti i soggetti coinvolti".
Lavoro nero: i dati europei. Secondo lo studio promosso da Eurofound “Il lavoro sommerso in 27 Stati membri ed in Norvegia”, pubblicato nel 2013, l’Italia, con un tasso di lavoro sommerso pari al 21,6% del Pil, si colloca al di sopra della media europea attestata sul 18.4%, a ridosso dei paesi dell’Est europeo di recente annessione all’Unione, della Grecia e immediatamente dopo Spagna (19.2%) e Portogallo (19.4%). In linea generale, tranne un leggero aumento tra il 2008 e il 2009, in Europa si è registrato un continuo e progressivo calo delle dimensioni dell’economia sommersa passando dal 22,3 % del Pil nel 2003 al 18,4 % nel corso del 2012. Nonostante questa traiettoria comune, la dimensione dell’economia sommersa varia in modo significativo tra gli Stati membri, oscillando dal 7,6 % dell' Austria al 31,9 % della Bulgaria. Dall'indagine risulta inoltre evidente il divario tra Nord-Sud ed Est-Ovest che caratterizza l’Ue. I Paesi con economie sommerse le cui dimensioni sono al di sotto della media sono in gran parte Stati membri europei occidentali e nordici mentre quelli con economie sommerse al di sopra della media sono cartteristica di Stati membri europei centro-orientali o meridionali. L’Italia, in particolare, si caratterizza per una maggiore incidenza del lavoro nero tra la popolazione di genere femminile, insieme a Francia e Spagna. I lavoratori in nero presenti nel nostro Paese sarebbero circa tre milioni e concentrati prevalentemente nelle aree del Mezzogiorno, con la Calabria e la Basilicata in tesa, e del Nord-Ovest, specialmente in Lombardia. Un fenomeno che riguarda disoccupati, lavoratori autonomi e studenti, ma che tende ad estendersi anche ai lavoratori dipendenti, magari con rapporti di lavoro sospesi e ai pensionati.