“Il cambiamento dell’evoluzione è caratterizzato da fenomeni lenti o drastici? È proprio necessario scegliere se essere gradualisti o catastrofisti?”. Questi gli interrogativi con cui Telmo Pievani, docente di Filosofia delle scienze biologiche e Antropologia all’università di Padova, ha aperto il suo intervento nell’ambito di Infinitamente giovedì 13 marzo, alle 18, al teatro Ristori. Un confronto tra le ipotesi evoluzionistiche di Georges Cuvier e Charles Darwin per poi giungere alla questione del “neocatastrofismo” che tanto interessa la contemporaneità. Ad introdurre l’evento Valentina Moro, ricercatrice del dipartimento di Filosofia, pedagogia e psicologia nell’ateneo veronese.
Due ipotesi a confronto. Agli inizi del XIX secolo, il naturalista francese Georges Cuvier elaborò la teoria scientifica del catastrofismo. “Cuvier – ha spiegato Telmo Pievani – si rese conto che per lunghi periodi di tempo flora e fauna si mantenevano costanti, ma che in seguito a delle repentine rivoluzioni esse venivano a subire mutazioni non indifferenti rispetto alle fasi precedenti”. Secondo tale ipotesi, nel corso degli anni il nostro pianeta sarebbe stato caratterizzato da lunghi periodi di stasi intervallati da eventi catastrofici violenti e di breve durata, responsabili dell’accelerazione dell’evoluzione delle specie. A ciò si contrappose la tesi del gradualismo darwiniano. “Darwin – ha continuato Pievani – maturò un’idea diversa di cambiamento. Secondo lui, infatti, l’evoluzione e l’estinzione naturale erano caratterizzate da ritmi lenti e graduali”. Quale tesi sposare dunque? Studi più recenti hanno dimostrato che la biodiversità tende ad aumentare nel corso degli anni, ma che periodicamente vi è un “drop”, un crollo, che provoca la scomparsa di alcune specie. A tal proposito Cuvier parla di “estinzioni di massa”. “In realtà – ha chiarito il professor Pievani – l’evoluzione avviene su più piani. A livello macroscopico i cambiamenti sono di tipo ecologico, provocano distruzione e trasformazione, mentre a livello microscopico tali cambiamenti sono più lenti e progressivi”.
Estinzioni di massa. Nel corso degli anni la Terra ha subìto diverse estinzioni biologiche, la più catastrofica delle quali risale a circa 251 milioni di anni fa. Si tratta della cosiddetta “crisi del Permiano-Triassico” alla quale “si stima siano sopravvissuti non più dell’8% dei viventi – ha precisato Telmo Pievani – e le cui cause siano da ricondurre a eruzioni vulcaniche, cambiamenti climatici e deriva dei continenti”. Tra i più noti “drop” biologici quello avvenuto 65 milioni di anni fa, che portò alla scomparsa di quasi tutti i dinosauri. L’essere umano, figlio di precedenti catastrofi di massa, è oggi fautore di un’ulteriore estinzione, definita appunto “antropica”. “Le cinque precedenti sono il frutto di dinamiche naturali, mentre la sesta sta avvenendo a causa dall’azione dell’uomo – ha concluso Pievani – Fattori determinanti come l’inquinamento, la deforestazione, l’introduzione di specie invasive, l’iper-sfruttamento di mari e terre, nonché la crescita demografica porteranno, o forse stanno già portando, all’instabilità degli ecosistemi e alla mancata sopravvivenza delle specie”.
20.03.2014