“Gli studi sull’epigenetica rappresentano la nuova frontiera della biomedicina e ne sentiremo parlare nei prossimi anni”. Sono le parole di Giuseppe Macino, ordinario del dipartimento di Biotecnologie cellulari ed ematologia all’università La Sapienza di Roma, che il 15 marzo al teatro Ristori ha tenuto una conferenza dal titolo “L’epigenetica può spiegare la plasticità dei neuroni?” per la sesta edizione del festival Infinitamente.
“Sono orgoglioso di presentare Giuseppe Macino – ha esordito Giovanni Berlucchi, professore emerito del dipartimento di Scienze neurologiche e del movimento dell’università di Verona – un grande ricercatore e un ottimo divulgatore, capace di trattare argomenti difficili con grande leggerezza e comprensibilità. Un pioniere nell’utilizzo delle metodiche di sequenziamento del dna che hanno contribuito in modo decisivo al lavoro svolto da Andrew Fire e Craig Mello, premi Nobel per la Medicina e Fisiologia nel 2006”. Con il termine epigenetica si intende quella particolare branca della genetica che studia le modificazioni dell’espressione genica e che tuttavia non alterano la sequenza del dna; si tratta di modifiche del fenotipo, quelle caratteristiche che sono osservabili in un essere vivente. Una scienza che va oltre la genetica e esce dai classici schemi darwiniani. Gli esseri umani sono costituiti da svariate cellule che si differenziano tra loro ma che presentano tutte lo stesso genoma, ovvero il dna e rna. Questo è reso possibile dal fatto che l’informazione genetica contenuta nelle cellule viene letta in maniera diversa: a un medesimo genoma corrispondono profili epigenetici distinti. Il contributo della modulazione dei profili epigenetici è fondamentale nello sviluppo embrionale e nell’integrare segnali provenienti dall’ambiente tra cui i cicli biologici, gli stimoli ormonali e lo stress.
Cosa sono i meccanismi epigenetici? I meccanismi epigenetici sono la metilazione del dna, cioè il cambiamento delle sue proprietà, la modificazione dinamica degli istoni e il silenziamento genico che consiste nel leggere o meno l’informazione contenuta in un gene. “I meccanismi epigenetici sono alla base dell’identità cellulare. – ha affermato Macino – La metilazione del dna funziona come una sorta di promemoria che ricorda a un particolare gene di essere trascritto o non trascritto”. “L’ambiente ha effetto sul nostro epigenoma – ha proseguito Macino – così come l’età, il genere, il genotipo o l’esposizione ad alcune tipologie di farmaci. Un esempio concreto si può vedere nell’epigenoma di due gemelli che, a distanza di anni, può essere diverso”. Sembra quindi che il detto “siamo quello che mangiamo” abbia un fondo di verità. “Durante alcuni esperimenti su topi da laboratorio – ha continuato Macino – abbiamo somministrato ad alcune delle femmine gravide una dieta a base di vitamine che ha conferito ai loro figli una colorazione del pelo più bruna. Lo stesso discorso può essere fatto per l’uomo: nel 1944, in Olanda, ha avuto luogo una terribile carestia e i feti esposti a questa situazione hanno evidenziato, nel corso dello sviluppo, diverse patologie tra cui diabete, ipertensione e obesità”.
Epigenetica e neuroni. La domanda che ci si pone è come sia possibile che se in ogni cellula c’è lo stesso dna si verifichi una così ampia differenziazione di cellule e connessioni sinaptiche. “Le cure materne hanno effetti epigenetici – ha continuato Macino – le cavie sottoposte a forti condizioni di stress hanno a loro volta partorito figli stressati”. Il discorso è simile per gli esseri umani e Macino porta degli esempi negativi ma che aiutano a capire in maniera chiara questo processo. “Per ciò che riguarda gli effetti epigenetici dei maltrattamenti sui bambini – ha dichiarato Macino – c’è una correlazione tra gli abusi sessuali e la loro intensità e gravità con il livello di metilazione del promotore del gene per il recettore dei glicocorticoidi nel cervello di adulti suicidi”. “L’abuso di sostanze quali droga o alcol – ha continuato Macino – produce delle modifiche epigenetiche nel nucleo accumbens che causano una dipendenza”. Gli studi dell’epigenetica consentiranno anche dei miglioramenti per quanto riguarda determinate patologie, tra cui il cancro, grazie all’uso di particolari farmaci in grado di controllare i meccanismi epigenetici. Infine Macino si è dimostrato critico nei confronti delle nuove teorie che vorrebbero pensieri e sentimenti come modificatori dei geni, auspicando la realizzazione di veri studi scientifici che possano in qualche modo dimostrare questa affermazione. L’unica certezza è che il dna non è più sufficiente per dirci chi siamo ma è necessario affiancarlo al codice epigenetico, un oggetto che per molti aspetti è ancora tutto da scoprire.
15.03.2014