“Il museo dell’innocenza. Dal romanzo al museo” è il titolo dell’incontro con il premio Nobel Orhan Pamuk che si è tenuto questo pomeriggio al Polo Zanotto. Un appuntamento sull’affascinante tema del rapporto tra visivo e verbale, memoria e immaginazione, nostalgia e desiderio, all’insegna del potere evocativo e narrativo degli oggetti, nel “Museo dell’innocenza”, opera articolata in un romanzo edito nel 2008 e poi nell’allestimento di un singolare museo di “oggetti innocenti” a Istanbul nel 2012. L’evento è stato organizzato da Anna Maria Babbi, direttrice della Scuola di dottorato in Studi umanistici di ateneo e dal dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica diretto da Guglielmo Bottari e con la collaborazione dell’ufficio Comunicazione.
I protagonisti. Pamuk è stato presentato da Massimo Salgaro, ricercatore del dipartimento di Lingue e letterature straniere di ateneo, in una conversazione in lingua inglese, con Silvia Bigliazzi, ordinario di Letteratura inglese. Sul palco anche Pinar Özütemiz, dottoranda all'università scaligera che sta lavorando ad una ricerca sull’opera di Pamuk “Il museo dell’innocenza” sia come romanzo, sia come progetto architettonico e museale. Pinar, classe 1983, nata in Turchia nella provincia di Osmaneli, conduce la sua esperienza di studio nell’ambito del dottorato di ricerca in “Letterature straniere e scienza della letteratura” grazie a una borsa di studio per l’internazionalizzazione. Un’opportunità che l’ateneo riserva a studenti residenti all’estero che presentino progetti di ricerca da realizzare in collaborazione con università straniere.
L'incontro. Pamuk ha toccato temi relativi al rapporto fra realtà e finzione in contesto postmoderno, tra i quali la relazione fra autore, narratore e personaggio, fra parola e immagine e la funzione espressiva e narrativa degli oggetti. Il romanzo si presenta solo in apparenza come il tradizionale racconto di una struggente e sfortunata storia d’amore fra il protagonista Kemal e la giovane Füsun, perché questa storia viene in realtà ricostruita dall’autore in un continuo e sottile gioco di identificazione e distanziamento, fra voce narrativa e personaggio, attraverso un lungo catalogo di oggetti che fungono da spunto memoriale e nostalgica ricostruzione di un tempo e di un amore perduti. Nel romanzo memoria e desiderio si alternano e si compenetrano, lungo le volute di un racconto che segue la spirale del tempo, che riporta il protagonista Kemal, e Pamuk autore e narratore con lui, a costruire e a ricostruire i contorni di un passato che è anche il passato di una Istanbul perduta. L’innocenza degli oggetti che dà il titolo al romanzo e al museo costituisce il fil rouge metafisico di un racconto che trova nel paradossale incontro tra il tempo dell’archivio museale e il non-tempo degli oggetti riassemblati in inattese congiunzioni nelle teche del museo, e nelle teche che rappresentano i capitoli del romanzo, la possibilità per il lettore, e per il visitatore, di immaginarie memorie di possibili, e alternativi, desideri per le storie racchiuse negli oggetti.
11.04.2013