Può descrivere in sintesi il suo progetto di ricerca?
L’argomento oggetto del mio studio attiene alla possibilità di configurare, nell’ambito dei contratti sinallagmatici, un diritto del debitore, che si sia reso inadempiente alle proprie obbligazioni, di rimediare al proprio inadempimento, offrendo una nuova ed esatta esecuzione della prestazione, destinata a evitare, anche contro la volontà della controparte, lo scioglimento del contratto. La scelta di questo tema trova giustificazione nel fatto che, a livello sovranazionale, sono sempre più numerose le fonti che prevedono e regolano in modo espresso un simile diritto (tra le quali, ad esempio, gli artt. 34, 37 e 48 della Convenzione di Vienna e l’art. 109 della Proposta di regolamento relativo a un diritto comune europeo della Vendita). Essendo, quindi, questo un istituto che è destinato a trovare sempre maggiore applicazione nell’ambito delle negoziazioni transfrontaliere, appare allora di fondamentale importanza cercare di comprendere se un diritto simile possa dirsi esistente anche all’interno dell’ordinamento italiano, pur in mancanza di un’espressa disciplina sul punto.
Può raccontare la sua esperienza di vita e di ricerca all’estero?
Durante il periodo di quattro mesi, svolto all’European Legal Studies Institute (Elsi) di Osnabrük, ho potuto approfondire i profili comparatistici del mio tema di ricerca. In particolare, ho avuto innanzitutto l’opportunità di reperire, nell’ambito della letteratura tedesca, numerosissimi commentari, monografie e articoli concernenti il tema della mia tesi di dottorato. L’operazione di raccolta del materiale – resa possibile anche grazie alle risorse messe a mia disposizione dall’Istituto (accesso alla biblioteca 24 ore su 24 e utilizzo di stampanti e fotocopiatrici) – ha consentito uno studio e un’analisi intensi del dibattito dottrinale e giurisprudenziale svoltosi Oltralpe e concernente le problematiche da me affrontate, al fine di individuare soluzioni giuridiche importabili nel nostro ordinamento. Questa attività è stata arricchita dai diversi colloqui inerenti al mio tema di ricerca, che, durante i mesi di soggiorno presso l’Istituto, ho intrattenuto con professori tedeschi, esperti della materia. Siffatta attività di ricerca è culminata con la stesura del secondo capitolo della mia tesi di dottorato. Allo studio necessario per il proseguimento del lavoro di tesi ho altresì affiancato numerose altre attività. Precisamente, ho assistito ogni lunedì a un seminario di due ore organizzato dal professor Von Bar e preordinato alla stesura di un nuovo libro in materia di proprietà, possesso e diritti reali in ambito europeo, contribuendo in modo attivo a delineare un quadro della disciplina vigente nell’ordinamento italiano. Ho, inoltre, svolto, su incarico del professore ospitante e unitamente a due colleghi di diverse nazionalità, una ricerca giuridica concernente il tema del diritto al nome, negli ordinamenti italiano e tedesco; ricerca che, in un prossimo futuro, sfocerà nella pubblicazione di un articolo in lingua tedesca. Ho, infine, avuto l’opportunità di partecipare a numerosi convegni di stampo internazionale, organizzati dall’Elsi.
Quali opportunità le ha offerto questa esperienza?
Il soggiorno di ricerca all’Elsi mi ha fornito innanzitutto la possibilità di avere accesso alla letteratura giuridica tedesca, rintracciando materiali spesso difficilmente reperibili in Italia e di grande importanza per l’approfondimento dei profili comparatistici della mia tesi di dottorato. Oltre a ciò, ho avuto la possibilità di partecipare, unitamente a colleghi provenienti da numerosi altri Stati, agli incontri seminariali preordinati alla stesura di un libro che probabilmente diverrà, nel prossimo futuro, il punto di riferimento con riguardo al regime dei diritti reali in Europa. La partecipazione al dibattito – di assai ampio respiro – che si sviluppava durante questi incontri è stata per me un’esperienza del tutto nuova e di estrema importanza nell’ottica di acquisire una maggiore capacità di approcciarmi al diritto di ordinamenti anche molto diversi dal nostro.
Perché secondo lei è importante che i nostri ricercatori facciano esperienza in altre realtà straniere?
A mio modo di vedere, non è semplicemente importante, quanto piuttosto indispensabileche un ricercatore faccia esperienza all’estero. Il conoscere colleghi provenienti da altri Stati e il comprendere le modalità con cui essi svolgono l’attività di ricerca – spesso alquanto diverse da quelle cui si è abituati – garantiscono un’apertura di orizzonti che non può essere ottenuta in nessun altro modo. Ciò, per la mia esperienza, è stato un aspetto ancora più importante rispetto a quello – pure fondamentale – rappresentato dalla opportunità di avere accesso a un grande quantitativo di materiale giuridico, che mi sarebbe rimasto estraneo se avessi svolto la mia ricerca soltanto in Italia.
Quale messaggio vuole mandare alla comunità affinché sostenga la ricerca dell’università di Verona attraverso il 5 per mille?
Il messaggio che vorrei mandare è il seguente: durante i miei soggiorni in Germania mi sono resa conto che i ricercatori di numerosi altri Paesi sono soliti svolgere la loro ricerca all’estero. Facciamo che anche ai nostri ricercatori sia data questa opportunità, perché la qualità del lavoro ne uscirà senza dubbio estremamente migliorata!
13.05.2014