“Attività motoria adattata nel Parkinson. L’esperienza di un progetto triennale a Verona”. Questo il titolo dell’incontro che si terrà mercoledì 28 maggio, alle 15.30, nell’aula magna del Policlinico Rossi. L’iniziativa, promossa dal Dipartimento di Scienze Neurologiche e del Movimento in collaborazione con la Limpe, Lega italiana per la lotta contro la malattia del Parkinson, è stata organizzata e pensata per rendere noti gli sviluppi e i risultati di un programma di ricerca dedicato all’Attività Motoria nel Parkinson, nato tre anni fa a Scienze Motorie grazie al contributo della Fondazione Cariverona. Nell’occasione interverranno Federico Schena, responsabile scientifico del progetto, il neurologo Michele Tinazzi, il medico fisiatra Nicola Smania e la dottoranda in Neuroscienze, Scienze Psicologiche e Psichiatriche Federica Bombieri, che segue e coordina le sedute di attività motoria per i malati di Parkinson presso le strutture di Scienze Motorie Verona.
Per contrastare gli effetti degenerativi del Parkinson, la ricerca scientifica riconosce di primaria importanza, fin dall’insorgere dei primi sintomi della malattia, la pratica dell’esercizio fisico continuo e specifico. Il paziente affetto da Parkinson ha difficoltà a svolgere i più elementari movimenti, ed è quindi necessario intervenire da subito con una attività motoria specifica. Il trattamento farmacologico da solo non basta: deve essere sostenuto da un adeguato ed efficace protocollo di attività motoria adattata, finalizzato a recuperare e migliorare l’autonomia personale, che nel corso della patologia rallenta notevolmente. Partendo da questo assunto, l’incontro si propone di argomentare, nell’ambito del progetto, i benefici dell’attività fisica in un interscambio di differenti background ed esperienze scientifiche tra diverse figure di specialisti: neurologi, psicologi, fisiatri, fisioterapisti ed esperti delle scienze motorie. Particolare attenzione verrà rivolta alla figura del caregiver, la persona che si prende cura e segue il malato quotidianamente. Il progetto infatti presuppone che il caregiver non solo venga supportato costantemente, ma anche coinvolto con un ruolo attivo nello svolgimento del programma.
Ascolta l'intervista a Federico Schena
28.05.2014