Si è concluso il progetto di ricerca “Il sistema integrato 'irriguo elettrico' veronese di derivazione atesina vicende storiche e prospettive di valorizzazione socio culturale” promosso dall’Università di Verona e Agsm Energia. Il progetto e l’iniziativa “Energita” che si terrà il 13 e 15 giugno sono stati presentati nella sala Barbieri di palazzo Giuliari dal rettore dell’università Nicola Sartor, Italo Bonomi, presidente di Agsm Energia, Daniela Zumiani, docente di Storia dell’architettura, Erika Bossum, dottoressa di ricerca e curatrice del progetto e Marco Passigato, mobility manager di ateneo.
“Questa ricerca rappresenta un importante esempio di collaborazione tra università e territorio – ha spiegato Sartor – in questo caso con Agsm Energia con cui abbiamo rapporti che mirano, da una parte, alla valorizzazione dell’archeologia industriale, in questo caso lo studio delle vecchie centrali idroelettriche, ma anche a temi più ampi come quello ambientale. Tante sono le iniziative di ateneo che aprono la ricerca al territorio e i joint project ne sono un significativo esempio”. “Una collaborazione che continuerà anche in futuro – ha aggiunto Italo Bonomi – Il rapporto con l’università è importantissimo e continueremo come azienda a collaborare. Sicuramente metteremo nella nostra agenda altri possibili progetti in futuro".
La ricerca. La società del gruppo Agsm che intrattiene i rapporti economici e commerciali con la clientela ha finanziato con 60.000 euro il progetto di ricerca triennale che si è svolto nell’ambito del dottorato di ricerca in Beni Culturali e Territorio dell’ateneo. Lo studio, nato con l’obiettivo di valorizzare il patrimonio legato alla produzione dell’energia idroelettrica veronese attraverso la salvaguardia della memoria storica è iniziato nel 2011, ed è durato 3 anni. A condurre la ricerca Erika Bossum con la supervisione scientifica di Daniela Zumiani docente di Storia dell’architettura dell’ateneo. Nel corso del suo dottorato la Bossum ha analizzato alcune testimonianze del patrimonio architettonico realizzate a cavallo tra Ottocento e Novecento per la produzione di energia idraulica e idroelettrica. Si tratta di strutture di grande interesse e fascino che appartengono all’eredità dell’archeologia industriale veronese. “La ricerca – ha illustrato Daniela Zumiani – si è articolata in varie fasi. In un primo momento c’è stata una ricerca storico-archivistica, ma poi ci siamo posti il problema su come procedere e come finalizzare il lavoro per il futuro. Il nostro obiettivo è che possano essere coinvolti non solo docenti e dottorandi, ma anche studenti”.
I risultati. Nel corso dei tre anni di studio, Erika Bossum ha analizzato la formazione del patrimonio veronese nella storia industriale concentrandosi sulle antiche derivazioni atesine urbane e periurbane tra Pilcante (Trento) e Zevio per la produzione di energia idrica. Sei le strutture oggetto dello studio: il sistema del canale industriale, poi canale Camuzzoni; il sistema idroelettrico Perego- Festi Rasini o Santa Caterina, poi Colombarolo-Bassona; il sistema idroelettrico Giuliari Milani; il sistema idroelettrico Medio Adige o Biffis; il sistema irriguo dell’Agro Veronese; il sistema idroelettrico Sava del Comune di Zevio. L’attenzione è stata inizialmente volta ad aggiornare il panorama bibliografico sul tema; inoltre, sulla base di fonti archivistiche inedite, si è insistito sugli aspetti meno indagati, con l’obiettivo di ricostruire la memoria storica e di restituire identità ai manufatti degni di tutela. Dalle indagini condotte anche in ambito nazionale ed internazionale è risultato che le centrali idroelettriche, dismesse o ancora operative ed i relativi contesti ambientali, caratterizzati dalla presenza dell’acqua e da aree verdi non edificate, costituiscono elementi strategici per la riqualificazione del paesaggio storico in vista di una progettualità volta alla rigenerazione urbana. Sulla base di tali premesse, sono stati valutati i casi di recupero e valorizzazione di centrali contemporanee a quelle veronesi con caratteristiche storiche e ambientali affini ai casi esaminati. Questo al fine di individuare soluzioni possibili per la salvaguardia e la fruizione di queste aree, nell’ottica di una gestione «intelligente» del patrimonio industriale locale.
“Dallo studio – ha spiegato Erika Bossum – è emerso che le centrali possono divenire poli di attrazione e di aggregazione sociale. Anche per la valorizzazione del sistema idroelettrico veronese si potrebbe ricorrere alla catalogazione scientifica di tutti gli edifici dismessi e non, alla catalogazione fotografica dei macchinari, alla rilevazione topografica dei canali minori. Con tali strumenti, il ripristino degli antichi punti di vista e la creazione di nuovi percorsi posti lungo le canalizzazioni non si limiterebbero ad interventi puramente estetizzanti, ma consentirebbe di individuare i modi con cui ricucire al tessuto urbano tali eredità industriali. Focalizzare una nuova attenzione sulle centrali, intese non solo come spazi produttivi, ma anche come luoghi contemporanei di cultura e conoscenza, attraverso l’organizzazione di eventi, manifestazioni, itinerari tematici, consentirebbe di guidare i cittadini alla sensibilizzazione sui temi quali la sostenibilità delle fonti rinnovabili, in questo caso l’acqua, e di avvicinarsi ad una realtà urbana fino ad ora sconosciuta, fruendo dei percorsi storici immersi nel verde, che collegano i diversi sistemi idroelettrici del veronese”.
Durante i tre anni di dottorato, Erika Bossum ha trascorso anche un periodo di studi all’estero, traendo spunti interessanti per il suo lavoro di ricerca. Grazie infatti ai proventi della campagna 5 per mille di Ateneo, la Bossum è stata ospite del “Centro de investigaciones interdisciplinarias en ciencias y humanidades all’Universidad nacional autonoma de Mexico” dove ha potuto mettere a confronto la sua analisi dedicata alle strutture veronesi con quella di Necaxa, il primo impianto idroelettrico ad essere realizzato in America Latina e Los Dinamos, un parco ecologico urbano ubicato nel centro di Città del Messico.
Ascolta le interviste al rettore Nicola Sartor, Italo Bonomi, Daniela Zumiani e Erika Bossum
11.06.2014