Dall’11 al 14 settembre il Palazzo della Gran Guardia a Verona ospiterà un evento scientifico di rilievo mondiale, il congresso dell’European Iron Club, ove circa 300 scienziati e specialisti provenienti da tutto il mondo, si ritroveranno per fare il punto sulle malattie del metabolismo del ferro. Il meeting internazionale fa tappa quest’anno a Verona dove il gruppo di ricerca dell’università coordinato da Domenico Girelli è da anni punto di riferimento nazionale nell’ambito di queste patologie sia a livello di ricerca che assistenziale. Tra i partecipanti al convegno anche Tomas Ganz dell’università della California che nel 2001 ha scoperto l’epcidina, l’ormone-chiave che sovrintende la regolazione del ferro la cui importanza può essere paragonata a quella dell’insulina per il metabolismo del glucosio. Un’apposita sessione sarà aperta a medici ospedalieri e di medicina generale del triveneto e regioni limitrofe. Al meeting veronese giungeranno anche rappresentanti di associazioni di ammalati, come la Federazione europea delle associazioni dei pazienti affetti da emocromatosi, allo scopo di risaldare il vincolo di alleanza e solidarietà tra ricercatori, medici, e malati.
L’importanza del ferro per la salute.“Una giusta quantità di ferro è essenziale per un buono stato di salute del nostro organismo, che soffre altresì sia in carenza che in eccesso di tale elemento – spiega Domenico Girelli, professore di Medicina interna dell’ateneo scaligero e organizzatore dell’evento – . Un’alterata produzione di epcidina è alla base della maggior parte delle malattie del ferro, che rappresentano un problema di salute pubblica ancora non adeguatamente percepito, pur essendo frequentissime nella popolazione generale. L’anemia colpisce soprattutto alcune “fasce deboli” della popolazione, provocando spesso danni molto gravi. Nei bambini, ad esempio, può compromettere l’accrescimento e lo sviluppo cognitivo. Nelle donne in età fertile, la fascia in assoluto a maggior rischio, determina frequentemente stanchezza, irritabilità e difficoltà di concentrazione con riflessi negativi su qualità di vita e capacità lavorative. Infine, negli anziani, la carenza marziale favorisce il decadimento cognitivo e della performance globale, le cadute, e aumenta persino la mortalità. D’altro lato, le malattie da eccesso di ferro, genericamente contraddistinte con il termine di “emocromatosi”, un tempo considerate condizioni rare, sono invece anch’esse discretamente frequenti. Infine, accanto alle classiche patologie “quantitative” del ferro, negli ultimi anni ci si è resi conto che anche la “maldistribuzione” del ferro all’interno dell’organismo può causare conseguenze gravi. Tra queste vanno citate le anemie associate a malattie infiammatorie croniche e a tumori. Infine, un filone recentissimo, di cui pure si parlerà al convegno di Verona 2014, è rappresentato dalle malattie neurodegenerative, come il morbo di Parkinson, in cui un’alterazione del metabolismo del ferro a livello neuronale sembra giocare un ruolo patogenetico tutt’altro che secondario”. Durante il meeting saranno presentati i risultati di uno studio internazionale in cui malati di Parkinson sono stati trattati con un farmaco che promuove l’eliminazione del ferro.
Il gruppo di ricerca dell’Università di Veronaè stato il primo in Italia e tra i primissimi al mondo a mettere a punto un sistema per il dosaggio dell’epcidina nel sangue. Il centro di Verona esegue test genetici complessi per la diagnosi di alterazioni ereditarie del metabolismo marziale ed è abilitato per la certificazione di malattie rare secondo il decreto ministeriale 279/2001. Da alcuni anni è stato attivato nell’ambito dell’Azienda ospedaliera universitaria integrata un gruppo multidisciplinare per le malattie del ferro che riunisce vari specialisti quali internisti, radiologi, anatomopatologi, ematologi/trasfusionisti, laboratoristi, genetisti, allo scopo di ottimizzare i percorsi diagnostico-terapeutici dei pazienti in carico al centro stesso, ovvero circa 1000 assistiti “storici” più circa 250 prime visite all’anno, 30-40% delle quali su pazienti provenienti da altre province o regioni.
Dati epidemiologici nel Veneto. Si può stimare che l’anemia sideropenica interessi nella nostra Regione circa 100.000 donne in età fertile – rileva il professor Girelli -. E’ importante sottolineare che l’anemia rappresenta l’ultimo stadio, quello più estremo, della carenza di ferro. Gli stati di ferrocarenza senza anemia, la cui prevalenza è dimostrata circa 3 volte superiore rispetto a quelli con anemia (quindi circa 300.000 donne in età fertile nella nostra Regione), sono caratterizzati da sintomi quali facile stancabilità, irritabilità, difficoltà di concentrazione, fragilità di unghie e capelli, che spesso vengono sottovalutati se la concentrazione di emoglobina nel sangue è ancora normale, ed attribuiti genericamente a “stress” o a problemi psicologici”. Considerazioni simili si possono fare nei soggetti anziani. E’ ormai unanimemente dimostrato che circa il 10% dei soggetti over 65 della popolazione generale ha un certo grado di anemia: circa 100.000 soggetti nella nostra Regione. Quest’ultima può riconoscere molte cause, ma la carenza di ferro rappresenta senz’altro la più frequente, da sola, oltre il 25%, o in associazione con altre, fino al 50%. Estrapolando dal registro Health Search, che ha riscontrato una prevalenza di anemia sideropenica ingravescente con l’avanzare dell’età (circa 3% nella fascia 65-74 anni, 5% in quella tra 75-84, e 7% oltre gli 85), si può attendibilmente stimare che l’anemia sideropenica interessi nella nostra Regione circa 50-60.000 anziani.
Ascolta l'intervista a Domenico Girelli realizzata da FuoriAula Network
10.09.2014