Inaugurato il 29 ottobre l'anno accademico dell'Associazione Universitaria Francofona. Al foyer del teatro Nuovo è stata proposta una rilettura de “La Leçon” di Eugène Ionesco. Ad introdurre l’evento “Il favoloso teatro parigino” Annarosa Poli, relatore Nicola Pasqualicchio, docente e presidente del Comitato scientifico del master in drammaturgia musicale dell’università di Verona. Beppe Domenichini alla fine dello spettacolo ha presentato foto e filmati d’epoca del teatro Huchette, de la leçon e de la cantatrice chauve.
Ionesco e il teatro dell’assurdo. Gli attori, Paolo Valerio, nel ruolo del professore, Federica Sandrini, l’allieva e Christine Callet, la governante, hanno fatto risorgereLe Nouveau Théâtre degli anni ’50. Un teatro che non si basa sulla ragione, caratterizzato dalla desolazione, pessimismo radicale e nell’estrema sfiducia della possibilità che il linguaggio possa dire qualcosa. La stessa mancanza di fiducia che i drammaturghi dell’assurdo hanno verso il pensiero non sono dei filosofi. Ionesco, Adamov e soprattutto Beckett non parlano in maniera razionale dell’assurdo, si limitano a metterlo in scena. Non si può parlare dell’assurdo, né spiegare e né tanto meno ragionare. L’unica cosa che si può fare è mostrarlo, e così fa Ionesco, mettendo in scena un teatro che sconvolge, sgomenta e disorienta. “Queste opere – ha spiegato Pasqualicchio – non si chiamano tragedie e neppure commedie né tanto meno tragi-commedie. Sono opere comiche, perché solo attraverso il comico si può parlare dell’insensatezza del mondo e del suo essere ridicolo ed è ridicolo nella sua totale tragicità”.
La leçon. La folgorazione per la stesura della Leçon arriva al suo autore grazie ai manuali di conversazione di cui si servono gli studenti per imparare le lingue. Dialoghi ovvi, pronunciati con assoluta serietà che permettono all’ovvietà del mondo di salire in primo piano tanto da diventare sinistra e sconcertante. La leçon fu scritta nel 1950 e fu portata in scena nel 1951. In questa pièce non c’è nessun scollamento tra il titolo e l’opera; infatti si tratta di una vera e propria lezione. Di una parabola agghiacciante del rapporto tra potere ed eros, sulla conoscenza che diventa un’arma. L’allieva subisce la lezione, quando inizia a confondersi e cresce la confusione, così aumenterà l’aggressività inquietante del professore fino al finale tragico. La ciclicità è una delle caratteristiche fondamentali del teatro di Ionesco; infatti, dopo che il corpo senza vita dell’allieva viene portato via, il professore è già pronto a riceverne un’altra, ricominciando tutto d’accapo. Importante sottolineare che la leçon in certe parti è molto divertente proprio perché l’autore non rinuncerà mai a presentare i suoi personaggi con un linguaggio comico.
5.11.2014