Un legame più che apparente e ben radicato unisce la povertà dei giorni nostri a quella dell’età moderna. Lo studio condotto da Marina Garbellotti, ricercatrice di Storia moderna dell’ateneo scaligero, è illustrato nel testo “Per Carità. Poveri e politiche assistenziali nell’Italia moderna” edito dalla casa editrice Carocci. Durante la presentazione, che si è svolta lo scorso 12 novembre alla Società letteraria, sono intervenuti, oltre all’autrice, Mariaclara Rossi, associata di Storia del cristianesimo e delle chiese, e Carlo Melegari, fondatore del Cestim, Centro studi immigrazione, di Verona. Moderatore della presentazione, Gian Paolo Romagnani, direttore del dipartimento Tesis.
Studiare il passato per capire il presente. “Il libro nasce dalla risposta ad un problema molto attuale – ha spiegato Garbellotti – Le ultime indagini Istat del 2013 dicono che le famiglie relativamente povere sono circa il 12%, mentre i poveri assoluti sono l’8%. Possiamo quindi dire che il 20% delle famiglie italiane sono in condizioni di povertà. L’idea del libro è quella di capire come la figura del povero era percepita e è cambiata nel corso dei secoli, a partire soprattutto dall’età moderna. Esiste una continuità tra i poveri del passato e i nuovi poveri del presente. Il testo evita al lettore di soffermarsi a pensare che l’indigenza sia riconducibile solamente ad una mancanza di bene materiali.”
Profili di povertà. Risulta riduttivo relegare la povertà ad un fatto oggettivo, quando è chiaro che le figure coinvolte sono tante. Si incontrano vagabondi, stranieri, anziani incapaci di lavorare, individui affetti da malattie e menomazioni fisiche, donne sole e bambini abbandonati. La figura del povero si tratta di una costruzione sociale, soggetta a variabili temporali, territoriali e soprattutto culturali. Lo studio dimostra, attraverso testimonianze e documenti, come venga stigmatizzata l’immagine dei bisognosi, visti come un peso per la società, e spesso associata al furfante e al malvivente.
L’onore delle donne. La povertà risponde anche alle costruzioni sociali, all’età, al luogo di nascita e al genere. Esistevano una serie di istituzioni esistenziali volte a tutelare le donne indigenti e quelle in pericolo di perdere l’onore. Detto ciò, appare chiaro che l’onore femminile rappresentava una virtù riconosciuta dall’intera collettività.
17.11.2014