“Johnny, nella sua detenzione corporea pensa, sogna, ricorda”. Sergio Ferrentino commenta così il protagonista di “E Johnny prese il fucile”, audiodramma tratto dall’omonimo romanzo di Dalton Trumbo, di cui ha curato adattamento e regia. Molti giovani, ma non solo, tra gli spettatori del teatro Camploy che sono stati catturati dall’intensa interpretazione di Marco Baliani, Eleni Molos e Alessandro Castellucci. In un gioco di luci, ombre, musiche e silenzio, gli attori della compagnia Fonderia Mercury hanno ricreato attraverso le loro sole voci la storia di un soldato della prima guerra mondiale che, seppur ridotto in fin di vita da una granata, ha ancora la capacità di riflettere su se stesso e sulla guerra. L’evento era inserito nel calendario dedicato alla celebrazione del centenario della Grande Guerra.
Il corpo come prigione. Uno spettacolo insolito che, attraverso l’utilizzo delle radio cuffie, è riuscito davvero a coinvolgere il pubblico. Per una sera, è stato possibile essere trasportati nei ricordi e nei pensieri di Joe Bohnam, giovane soldato americano che, persi arti e parte del viso, si ritrova immobilizzato in un letto di ospedale. Privato della vista, dell’udito e della parola, l’uomo vive in uno stato di isolamento psicofisico, in cui il tempo viene scandito dai passi delle infermiere, dal cambio delle bende, dai vani tentativi di comunicare con il mondo esterno. Finché qualcuno comprende che i movimenti che compie con il capo contro il cuscino non sono altro che richieste d’aiuto in codice Morse. SOS. Da quel momento, Joe ritorna alla vita.
Un intimo viaggio in se stessi. Attraverso un microfono panoramico, gli interpreti hanno utilizzato voce, mani, corpo e strumenti come cuscini, cannucce e brocche d’acqua per riprodurre respiri, passi, il rumore dei movimenti della testa del soldato.Lo spettatore con le cuffie, costretto ad occludere tutti i sensi all’infuori dell’udito, ha vissuto un’esperienza simile al protagonista. Il messaggio che ne è uscito è una narrazione senza retorica degli orrori della guerra e una riflessione sul valore della vita umana, bene supremo che vale più di ogni ideale. “Molto coinvolgente”, “davvero emozionante”, “tragico ma bellissimo” sono stati i commenti della maggior parte del pubblico all’uscita, a testimonianza dell’ottima riuscita dell’iniziativa, che si inserisce nelle attività messe in atto dall’università con l’intento di raccontare la Grande Guerra in modi inediti, coinvolgenti e interessanti.
26.03.2015
La Redazione