Ricostruire il genoma di un organismo caratterizzando il patrimonio genetico di origine materna e paterna è ora possibile grazie a un nuovo approccio bioinformatico e di sequenziamento del Dna. Lo studio, messo a punto sulle piante, rappresenta un deciso passo in avanti a livello conoscitivo e tecnologico, che apre a sviluppi in ambito medico, sia in termini di prevenzione che di cura. La ricerca è stata realizzata da un team internazionale, coordinato da Michael Schatz della John Hopkins University, di cui fa parte anche Massimo Delledonne, docente dei dipartimento di Biotecnologie dell’università di Verona. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista scientifica "Nature Methods" con il titolo“Phased diploid genome assembly with single-molecule real-time sequencing”.
Lo studio ha portato allo sviluppo di un software denominato "Falcon” in grado di superare gli attuali limiti dell’assemblaggio dei genomi. Questo software è stato messo a punto utilizzando dati di sequenziamento ottenuti con una tecnologia di ultimissima generazione, PacBio, prodotti nei laboratori della University of California, Davis, grazie al supporto dell’azienda vinicola J. Lohr Vineyards & Wine. La ricerca, in questa fase, si è concentrata sui genomi delle piante e, in particolare, della vite. “In questa occasione – ha spiegato Delledonne – abbiamo studiato il cabernet sauvignon, “figlio” di un cabernet franc, uva rossa, e di un sauvignon blanc, uva bianca. Il risultato di questa unione, ovvero il cabernet sauvigon, ha le caratteristiche migliori di entrambi i genitori e per questo motivo è coltivato in tutto il mondo. Grazie ai nostri studi, ora siamo in grado di capire quali sono le parti del genoma che derivano dai due genitori e come queste contribuiscono alla maturazione dell’uva e quindi alle caratteristiche di pregio di questo vitigno”.
I risultati di questa ricerca saranno immediatamente trasferiti all’uomo. “Le piante – prosegue Delledonne – ci permettono spesso di scoprire meccanismi che, in un secondo momento, riportiamo sull'uomo. Il nostro genoma può essere immaginato come un manuale delle istruzioni, con circa 20.000 informazioni, distribuito in 23 coppie di cromosomi, grandi 3 miliardi di basi. Queste istruzioni, però, sono fornite sia dal padre sia dalla madre, per cui sono duplicate, per un totale di 46 cromosomi e 6 miliardi di basi. Fino a oggi noi genetisti non siamo stati in grado di distinguere i cromosomi di madre e padre, considerando quindi il genoma come “unico” e formato da 3 miliardi di basi ma ora, grazie a questo nuovo approccio possiamo ricostruire il patrimonio genetico sia della componente materna sia di quella paterna”. La scoperta apre nuove possibilità nella prevenzione e cura di numerose malattie genetiche nell’uomo. “Consideriamo, per esempio, – spiega Delledonne – una persona in cui un gene importante porta due mutazioni in eterozigosi, ovvero ciascuna su una delle due copie di un certo cromosoma. Prima che fosse sviluppato questo nuovo approccio di sequenziamento non era possibile sapere se le mutazioni erano entrambe sulla stessa copia oppure la prima su un cromosoma e la seconda sull’altro. Nel primo caso l'individuo, che ha una copia del gene con due mutazioni e l'altra funzionale, non avrà problemi. Nel secondo caso, invece, se la mutazione, presente in entrambe le copie del gene, è collegata a una malattia, l'individuo risulterà essere predisposto a svilupparla. Le tecnologie utilizzate fino a oggi non erano in grado di risolvere queste combinazioni di varianti nella sequenza del Dna mentre oggi, con "Falcon", lo possiamo fare. Molto presto, infine, saremo in grado di comprendere con precisione come il Dna di ciascuno dei nostri genitori contribuisca a renderci ciò che siamo. Un modo romantico, ma anche di altissimo spessore scientifico, per sentirci ancora più legati a loro”.
td
18.10.2016