L’anno accademico appena concluso ha segnato il raggiungimento della metà del mio mandato. Ritengo quindi doveroso riferire sulle azioni condotte, sui risultati ottenuti e sugli obiettivi che insieme ci prefiggiamo di raggiungere nel prossimo triennio.
Nel riflettere sulle azioni compiute è apparso con chiarezza il radicale mutamento che il sistema universitario italiano ha subìto negli ultimi decenni. Potremmo affermare che l’unico elemento costante è rappresentato dalla parola “università” e dai principi fondanti e irrinunciabili stabiliti dalla nostra carta costituzionale: l’autonomia, la libertà della ricerca e della didattica, nonché – principio purtroppo ancora non pienamente attuato – l’accesso ai gradi più elevati dell’istruzione dei meritevoli anche se privi di mezzi.
Il sistema si è evoluto nel passaggio da università di élite all’università di massa cui, con troppa lentezza, sono seguite le riforme necessarie per assicurare piena efficacia. Fino agli inizi degli anni Ottanta, elevato era il grado di centralizzazione: i programmi didattici erano in larga misura stabiliti dal Ministero, così come la dotazione del personale (ai rettori era richiesta una grande abilità di negoziazione). Le attività amministrative erano prevalentemente orientate al rispetto delle direttive ministeriali. La valutazione degli atenei si basava principalmente sulla reputazione, costruita lentamente nel tempo e altrettanto lentamente modificata in caso di declino. Per le singole discipline, la valutazione del merito scientifico in una certa misura dipendeva dal giudizio effettuato da un numero limitato di autorevoli “capiscuola”. Nell’organizzazione delle attività, spesso la centralità del docente prevaleva rispetto alle esigenze degli studenti.
Quel sistema è stato caratterizzato come una “turris eburnea” – termine usato per indicare un mondo dove gli intellettuali si rinchiudono in attività slegate dagli affari pratici della vita di ogni giorno. Quel sistema non esiste più. Il progressivo mutamento è stato recentemente sancito con l’individuazione, da parte del Ministero, della “terza missione” che gli atenei sono tenuti a svolgere e sulla quale verranno valutati. La “terza missione” consiste in un ampio e variegato insieme di attività attraverso le quali l’università entra in interazione diretta con la società, fornendo un contributo che accompagna le missioni tradizionali di insegnamento e di ricerca. A differenza di queste ultime, che sono dovere istituzionale di ogni docente, la “terza missione” è una responsabilità a cui ogni ateneo risponde in modo differenziato, in funzione delle proprie specificità e delle proprie aree disciplinari.
Progressivamente, l’ampliamento della autonomia degli atenei è stato accompagnato – com’è giusto che sia – dall’obbligo di rendicontazione delle attività e dei risultati ottenuti. In sintesi, si è passati dalla “torre d’avorio” al “palazzo di cristallo” auspicato due secoli fa da Jeremy Bentham, modello mirato all’assoluta trasparenza ma insieme caratterizzato da una proliferazione dei meccanismi di valutazione e controllo che generano non poche perplessità. Il processo è avvenuto sia istituendo nuovi organi interni – dapprima il Nucleo di valutazione, quindi anche il Presidio della qualità – sia attraverso l’istituzione dell’Agenzia nazionale per la valutazione dell’università e della ricerca (ANVUR). Sono stati introdotti criteri e metodi di valutazione che hanno richiesto l’introduzione di nuove procedure. Per i docenti e i ricercatori ne è conseguita una significativa compressione degli spazi riservati alle attività di ricerca proprio in un momento in cui si sono introdotte valutazioni comparative a livello nazionale sulla qualità della ricerca dei vari settori scientifici. Ne è conseguito altresì un aumento dei carichi di lavoro del personale tecnico e amministrativo.
La riforma introdotta con la legge 240/2010 (cosiddetta “riforma Gelmini”) ha modificato il sistema di governo degli atenei, e ha modificato la loro configurazione divisionale, ora fondata sui dipartimenti, all’interno dei quali vengono svolte sia le attività di ricerca, sia quelle didattiche, prima organizzate dalle facoltà. Ha, purtroppo, aumentato il periodo di precarietà che devono affrontare i giovani che aspirano a svolgere la nostra professione. L’età media di ingresso nel sistema universitario italiano è stimata attorno ai 37 anni. Nella maggior parte dei casi devono trascorrere almeno 6 anni prima che un giovane possa vedere stabilizzato il proprio percorso. Non ci si può certo sorprendere se la carriera universitaria perde attrattività nel nostro Paese. La perdita di attrattività è ancora più forte per le scienze mediche, per ragioni che attengono sia ai requisiti di accesso, sia per i differenziali salariali rispetto ai giovani medici ospedalieri. Alcune proposte di legge, sia a livello nazionale, sia a livello regionale, se approvate, potrebbero restituire attrattività alla carriera universitaria in campo biomedico.
La maggiore autonomia ha aperto rilevanti opportunità per gli atenei che decidono di perseguire politiche coraggiose, lungimiranti, attente anche alle ricadute sul territorio. Ne discende una maggiore complessità, sia nel definire le azioni strategiche, sia nel modellare la struttura organizzativa. La complessità dell’attuale modello di università consiste nel trovare il giusto equilibrio della nuova natura duale: dimensione accademica e management, aspetti che si devono muovere in sintonia. In una fase in cui i processi sociali, economici e culturali sono diventati globali e multiscalari, la complessità consiste anche nel valutare costantemente e, nel caso, ridisegnare la propria offerta didattica e il proprio posizionamento.
Il nostro ateneo ha condotto azioni specifiche in merito a:
· Disegno strategico
· Qualità
· Sostenibilità
· Efficienza gestionale
· Attrezzature scientifiche
· Didattica, ricerca e terza missione
Il nostro ateneo si è dotato di un piano strategico per il quadriennio 2016-2019, anno in cui terminerà il mio mandato. Si tratta di un documento d’indirizzo, sottoposto all’approvazione degli Organi accademici, che individua gli obiettivi, le politiche e la programmazione delle risorse per il prossimo triennio. Il piano, articolato nelle tre aree strategiche (didattica, ricerca e terza missione) è caratterizzato da due parole chiave, giustificate dall’attuale contesto di contrazione delle risorse umane e finanziarie: qualità e sostenibilità.
Qualità intesa come consolidamento degli obiettivi di eccellenza nelle aree strategiche, ponendo costante attenzione all’innovazione, al merito e alla propria valorizzazione anche nella dimensione internazionale. Le posizioni raggiunte dal nostro ateneo nelle classifiche nazionali e internazionali testimoniano i risultati raggiunti. Di particolare soddisfazione è la posizione ottenuta nella classifica internazionale stilata dal prestigioso “Times Higher Education”, relativa ai 150 migliori atenei “giovani” (ovvero con meno di 50 anni di vita) nel mondo. L’università di Verona si è collocata al 66° posto a livello mondiale. È terza tra i 6 atenei italiani inseriti nella classifica.
Sostenibilità intesa come capacità di mantenere il livello attuale delle attività nel lungo periodo, riservando particolare considerazione alla disponibilità del complesso delle risorse (umane, infrastrutturali e finanziarie) necessarie per svolgere al meglio le attività di ricerca e formative. È stato adottato un nuovo modello deliberativo e organizzativo per l’investimento, la gestione e la manutenzione di attrezzature scientifiche utilizzate da diversi gruppi di ricerca.
Parallelamente alla stesura del Piano strategico e coerentemente con esso quest’anno è stato messo a punto il piano della performance triennale nell’ambito della direzione generale, volto a migliorare l’efficienza gestionale del nostro Ateneo. Sulla qualità complessiva dell’istituzione incide anche la qualità della gestione e dei servizi poiché colloca le attività accademiche in un contesto maggiormente favorevole, rafforzandone e valorizzandone l’efficacia. Non è quindi casuale se tra gli obiettivi che ci siamo prefissi nel piano strategico c’è anche l’efficienza gestionale.
Il piano della direzione generale si snoda su tre direttrici:
a) disporre di un assetto organizzativo sempre più flessibile e funzionale ad una gestione efficiente ed efficace dell’Ateneo;
b) disporre di un sistema a supporto delle decisioni e un adeguato modello di programmazione, gestione e controllo delle risorse finanziarie di Ateneo;
c) semplificare, informatizzare e dematerializzare i processi.
Tra i numerosi ambiti di azione avviati, che produrranno dal prossimo anno i loro effetti, desidero ricordare in particolare:
– la revisione della regolamentazione interna che disciplina il modello di funzionamento dell’ateneo e la condivisione con il personale delle corrette modalità di approccio al lavoro. In estrema sintesi, l’obiettivo consiste nel porsi dal punto di vista dell’utenza (sia interna, sia esterna), impostando le azioni non al rispetto della norma, ma all’erogazione dei servizi (ovviamente nel rispetto delle norme)
– la revisione del processo di formazione del bilancio e del modello contabile per finalizzarli non solo al controllo delle disponibilità finanziarie ma anche al controllo di gestione;
– il rafforzamento degli strumenti di comunicazione istituzionale, in particolare con la revisione del portale d’ateneo. È stato istituito un nuovo sistema di comunicazione interna (“My Univr”) basato su “intranet”. Sono da poco attivi i nuovi portali dei dipartimenti, la cui revisione è mirata a rendere più chiare le principali aree di attività anche ai “non addetti ai lavori”, al fine certo non secondario di facilitare il contatto con istituzioni e imprese e favorire il trasferimento delle conoscenze.
In tema di informatizzazione e di dematerializzazione dei processi, segnalo con soddisfazione che da quest’anno tutto il processo di immatricolazione è stato completamente dematerializzato. Per perfezionare le pratiche d’interesse degli studenti (quali l’iscrizione o il rilascio di certificati) non sarà più richiesta la presenza agli sportelli. Stiamo inoltre per lanciare una “app” con cui gli studenti, con i loro “smartphone”, potranno interagire con l’ateneo.
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Come si è ricordato, tre sono le missioni istituzionali delle università: didattica, ricerca e “terza missione”.
Per quanto attiene all’attività formativa, il nostro ateneo punta su una didattica che valorizzi il rapporto tra studente e docente e incoraggi gli studenti, fin dall’inizio del loro percorso, alla conoscenza e al confronto diretto con il mondo del lavoro. Sono state rafforzate le iniziative nel campo dell’internazionalizzazione. I corsi di studio interamente offerti in lingua inglese sono passati da 2 a 6; diventeranno 7 a partire dal prossimo anno accademico. A questi si aggiungono 6 corsi di dottorato di ricerca, 24 singoli insegnamenti e 3 tra Summer e Winter Schools. L’attività didattica ha visto coinvolti 10 docenti “visiting” titolari di insegnamenti, 60 docenti internazionali coinvolti nei corsi di laurea magistrale offerti in lingua straniera, 26 ospiti internazionali. Sono aumentati gli accordi con atenei di altri paesi: si tratta di 29 paesi europei e 10 extraeuropei; sono stati incrementati i fondi per sostenere la mobilità sia degli studenti (passati nel triennio da quasi 400 a oltre 550), sia dei docenti (passati da 21 a 28). Ne è conseguito un aumento della percentuale di nostri laureati che hanno conseguito crediti formativi all’estero (da poco più del 7% a quasi il 10%). Per facilitare la presenza degli studenti stranieri è stato attivato un “Welcome office”.
Nel campo dell’orientamento professionale, sono più di 10.000 le aziende e gli enti accreditati col nostro ateneo. Nel 2015 sono stati avviati oltre 3.000 stages e quasi 3.900 tirocini. A partire dallo stesso anno, è stata avviata un’iniziativa (denominata UniVerò) mirata a offrire nuove forme di contatto con le imprese e testimonianze finalizzate a stimolare nei nostri giovani l’individuazione di percorsi professionali innovativi.
L’ateneo è sempre attento alla qualità della vita studentesca. è stata recentemente aperta la sede per le associazioni studentesche, al fine di favorire il radicamento di un tessuto associativo dentro l’ateneo. Per migliorare la comprensione delle esigenze degli studenti, è in fase di preparazione un’indagine sulla qualità della loro vita, resa possibile grazie anche al sostegno dell’Ente regionale per il diritto allo studio. L’ateneo è altresì attento alle esigenze degli studenti diversamente abili, a favore dei quali sono stati potenziati gli ausilifinalizzati alla riduzione delle difficoltà di spostamento e di apprendimento.
Sul fronte della ricerca, sono stati riorganizzati i corsi di dottorato (passati da 33 a 14) e sono state istituite 4 scuole di dottorato, una per ogni macroarea, dotandole di risorse finanziarie più che adeguate per poter attivare cicli di seminari e iniziative didattiche contraddistinte dalla interdisciplinarietà. Per quanto riguarda la specificità dei corsi di dottorato, è attualmente in corso la ricognizione ministeriale sull’esistenza dei cosiddetti “dottorati innovativi” in linea con il “Piano nazionale della ricerca 2015-2020”. Da tale ricognizione è emerso che per il XXXII ciclo (l’ultimo attivato), 9 dei 14 corsi sono “innovativi”, di cui 7 per la caratterizzazione “internazionale”, 1 per “intersettorialità” e 1 per “interdisciplinarietà”. Per i restanti 5 corsi è in atto la verifica della sussistenza dei criteri per poterli qualificare come innovativi nel prossimo ciclo.
Sempre nel campo della ricerca, oltre ai rilevanti investimenti per l’ammodernamento e l’ampliamento delle attrezzature scientifiche (2 milioni di euro nel solo 2016), è stato stanziato nell’anno in corso 1 milione di euro per finanziare la ricerca di base. Si tratta di un sostegno rilevante in un periodo in cui i fondi nazionali sono stati falcidiati e quelli europei sono sempre più rivolti al trasferimento tecnologico. Preoccupa non poco il generale clima di diffidenza nei confronti dell’utilità della ricerca di base e l’enfasi, forse eccessiva, posta al trasferimento tecnologico. Se nel medio periodo dovesse prevalere la miopia collettiva, l’indisponibilità ad affrontare l’incertezza che caratterizza la ricerca metterebbe a repentaglio la possibilità di innovazione e di trasferimento delle conoscenze in quanto le nuove conoscenze verrebbero dopo poco a mancare.
In campo medico, è stata assunta una partecipazione nella società C.R.C. che svolge attività di sperimentazione farmacologica di primo livello, soprattutto in campo oncologico. Sulla base del nuovo assetto, la società è partecipata dall’Azienda ospedaliera universitaria integrata (che detiene la quota di maggioranza) e il nostro ateneo. In un contesto normativo sempre più stringente, che limita tali attività ai soggetti pubblici, si tratta di uno dei pochi soggetti abilitati in Italia che opera in un contesto internazionale altamente competitivo.
La “terza missione” raggruppa con una unica denominazione una serie di attività che, con un termine anglosassone, possono essere definite come “public engagement”, mirate a rafforzare il legame con il Territorio e a favorire il trasferimento delle conoscenze.
Alcune di queste attività hanno caratterizzato il nostro ateneo molti anni prima che il Ministero individuasse questa come missione istituzionale. Tra le più rilevanti, desidero ricordare il cofinanziamento alle ricerche svolte in collaborazione con soggetti esterni all’ateneo, siano essi imprese o istituzioni, private o pubbliche. Il programma, denominato “Joint projects” è attivo dal 2005. Da allora a oggi sono stati stanziati dall’ateneo oltre 7 milioni di euro, cui se ne aggiungono altri 5 di costi figurativi. Ciò ha consentito l’attivazione di 226 progetti di ricerca per un valore complessivo di 24 milioni. Alcuni di essi hanno successivamente dato origine a “spin-off” e “start-up”.
Particolare rilievo, nella terza missione, assumono i progetti in campo edilizio avviati dal nostro ateneo, che contribuiscono al recupero e alla valorizzazione del patrimonio storico della Città Tali progetti non sono solo finalizzati a costruire spazi per le attività istituzionali del nostro ateneo, ma costituiscono elementi di riqualificazione e recupero urbano. Il più evidente esempio è la ristrutturazione a Veronetta dell’ex panificio militare della S. Marta, opera alla quale la Triennale di architettura di Milano ha conferito, una settimana dopo l’inaugurazione, il primo premio. Al fine di diffondere la conoscenza e valorizzare tale immobile anche nel contesto internazionale, è stato predisposto un volume illustrativo in lingua inglese, curato dalla prof.ssa Maria Luisa Ferrari, da oggi disponibile. L’agibilità della nuova sede in occasione del centenario dell’entrata dell’Italia nel primo conflitto mondiale e del 150mo anniversario della battaglia di Custoza e dell’annessione del Veneto all’Italia ha consentito di allestire nell’edificio alcune mostre mirate a ricordare alla Cittadinanza, in particolare ai più giovani, gli storici eventi. Nel campo dei beni culturali, è attiva da alcuni anni la collaborazione con “Art Verona” sull’arte contemporanea. Tale collaborazione, tra l’altro, ha consentito di esporre alcune opere d’arte presso il polo Zanotto.
Le attività di terza missione sono state rivolte anche a bambine e bambini: si è tenuta quest’anno la seconda edizione della “KidsUniversity”, iniziativa di grande successo mirata a far conoscere le attività svolte nell’ateneo, a stimolare la curiosità dei più giovani nei confronti delle scienze, delle attività sperimentali. Siamo convinti che l’ateneo possa utilmente affiancarsi alle scuole e alle famiglie per ampliare le possibilità di scelta dei più giovani, facendo loro scoprire vocazioni prima non pienamente note.
Le attività appena descritte sono avvenute prevalentemente per iniziativa dell’ateneo e hanno successivamente coinvolto numerosi docenti, che hanno aderito con crescente entusiasmo. Nei prossimi anni le attività di “public engagement” dovranno sempre più avvenire all’interno dei dipartimenti, che potranno promuovere iniziative diverse in funzione delle specificità delle attività di ricerca e didattiche ivi svolte. I nuovi portali web di dipartimento dovrebbero agevolare tale apertura, contribuendo a rendere evidenti i filoni di ricerca coltivati. In assenza di tale sviluppo rischieremmo di non allontanarci in misura significativa dal vecchio modello della “torre d’avorio”.
Le azioni svolte su didattica, ricerca e terza missione sono state intraprese in un contesto nazionale certo non caratterizzato da risorse, umane e finanziarie, crescenti. Persistono la stagnazione delle risorse finanziarie e il blocco del “turn over”. Tra il 2008 e il 2015 il sistema universitario nazionale ha subìto una riduzione del finanziamento pari a quasi il 19% in termini reali. Tra il 2007 e il 2014 l’occupazione è calata di circa 15.000 unità (-13%), di cui due terzi relativi al personale docente.
Il nostro ateneo, tuttavia, ha beneficiato del mutamento nei criteri di attribuzione delle risorse finanziarie statali, allontanatisi negli ultimi anni dal semplice parametro della spesa storica. Il Ministero ha introdotto elementi premiali basati sulla qualità della ricerca, sull’efficacia della didattica, sugli equilibri di bilancio, nonché il riferimento al costo standard per studente.
In tale contesto generale certo non favorevole, la nostra università ha subìto meno di altri atenei la restrizione delle risorse, principalmente grazie agli eccellenti risultati ottenuti nel campo della ricerca e agli equilibri nella struttura del proprio bilancio. Così la flessione del personale, pur rilevante (dal 2009, anno d’introduzione del blocco del turn-over, si sono perse 150 unità a tempo indeterminato) è stata inferiore alla media nazionale (-10% anziché -13%). Dall’inizio del mio mandato, è stato possibile assumere 73 nuovi docenti, di cui 51 ricercatori. Di questi, 2 sono ricercatori vincitori del premio “Rita Levi Montalcini” che hanno chiesto di poter svolgere la loro attività (nel campo dell’informatica e dell’econometria) da noi. 15 posizioni di ricercatori “senior” sono state assegnate nell’anno corrente dal Ministero al nostro ateneo su base premiale. I concorsi si sono recentemente conclusi con la chiamata dei vincitori. Un continuo flusso di assunzioni di ricercatori costituisce la premessa indispensabile per assicurare continuità nel progresso delle conoscenze.
Per quanto riguarda il personale tecnico-amministrativo, si sono potute stabilizzare, nei limiti consentiti dalla stringente normativa, 35 posizioni che riguardano nella maggior parte dei casi persone precedentemente assunte con contratto a tempo determinato.
Dal punto di vista delle risorse finanziarie, il fondo di funzionamento ordinario a noi erogato dal Ministero è cresciuto di circa 4 milioni di euro tra il 2013 e il 2015. Spiace però constatare come persista negli anni l’enorme ritardo con cui viene comunicata l’assegnazione delle risorse finanziarie. Ciò certamente non facilita la programmazione. Al termine del corrente anno, non è ancora noto l’ammontare complessivo del finanziamento statale per il 2016.
Il bilancio consuntivo che abbiamo approvato quest’anno, riferito al 2015, contiene delle importanti novità. E’ il primo bilancio unico d’ateneo dell’università di Verona ed è rappresentato in una logica economico patrimoniale. Anche in questa veste, è bene dirlo, il bilancio è risultato un bilancio ‘sano’, confermando l’oculatezza con cui l’ateneo veronese ha gestito negli anni i fondi pubblici. In altre parole, avendo saputo contenere i costi fissi, abbiamo lasciato spazio ad opportunità di investimento in infrastrutture (attrezzature scientifiche tecnologiche e immobili) e ad iniziative di sviluppo di nuovi progetti e nuovi servizi. Per l’acquisto o la costruzione di nuove aule e laboratori sono stati deliberati nel corso del 2016 investimenti per un ammontare complessivo di oltre 10 milioni di euro.
Anche sul fronte delle immatricolazioni il nostro ateneo ha ottenuto una costante, anche se moderata, crescita, che si contrappone al dato nazionale in leggera flessione. I positivi risultati ottenuti a livello locale non ci esimono, però, dall’esprimere forti preoccupazioni. La flessione del totale degli iscritti osservata a livello nazionale non è infatti interamente ascrivibile all’evoluzione demografica, ma sottende una flessione nei tassi di passaggio dalla scuola all’università e riguardano in particolare il Sud e le donne. Non può esserci progresso, morale e materiale, in una società che non progredisce nella cultura, nella conoscenza e nella capacità di riflessione critica.
Dal punto di vista delle reti di collaborazione strategica, possiamo rilevare con grande soddisfazione il maggiore coordinamento tra i quattro atenei veneti e, in prospettiva, tra tutti quelli del Triveneto. Ne è recente prova l’accordo stipulato poche settimane fa nel campo del trasferimento tecnologico finalizzato alla costituzione di un “competence center” all’interno del programma di governo denominato “Industria 4.0”.
Le azioni si sono potute compiere grazie alla proficua discussione avuta con gli Organi accademici e con i Direttori dei dipartimenti; grazie al contributo della direttrice generale sull’attuazione delle linee strategiche, tradotte nel piano delle performance;grazie alla collaborazione fornita da tutto il personale tecnico-amministrativo, dagli Organi di supporto e di valutazione (Presidio della qualità; Nucleo di valutazione); grazie alla generosa oltre che competente collaborazione dei rettori vicari che si sono succeduti e dei delegati. . Senza la dedizione di queste persone, senza la loro competenza e il loro entusiasmo ben poco di quanto descritto si sarebbe ottenuto.
Purtroppo la nostra Comunità ha subìto la perdita prematura di Colleghi in servizio e di studenti e studentesse. Desidero ricordare, tra i docenti, Silvano Adami, Roberto De Marco, Emmanuele Morandi, Maurizio Riguzzi, Andrea Vaona e Francesca Zanuso. Tra gli studenti, Luigi Adamoli, Giulia Atlante e Pasquale Ferraro.
Siamo grati alle Istituzioni del territorio che continuano ad avere fiducia nel nostro ateneo e sostengono in vario modo le nostre attività e i nostri programmi di sviluppo. Rivolgo un particolare ringraziamento alla Fondazione Cariverona e al Banco Popolare, che generosamente e con lungimiranza sostengono i nostri giovani attraverso il cofinanziamento dei corsi di dottorato di ricerca. Al Comune di Verona e alla Soprintendenza Archeologia, Belle arti e Paesaggio per la condivisione dei nostri programmi di sviluppo delle infrastrutture edilizie. Alla Regione Veneto per il sostegno nelle attività formative e di ricerca applicata. Alla Provincia di Verona per la condivisione del progetto di Villa Eugenia in S. Floriano. All’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata il cui impegno, congiunto a quello dei nostri Colleghi di area medica, ha consentito di raggiungere importanti risultati in campo assistenziale.
Sono numerosi anche i soggetti privati (persone, società ed enti) che hanno generosamente sostenuto il nostro Ateneo donando somme o beni immobili: per il triennio 2014-2016 si tratta di 72 soggetti, le cui donazioni si stima ammontino a oltre 1,5 milioni di euro.
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Nel prossimo triennio le azioni di sviluppo strategico proseguiranno secondo le linee appena tracciate e riguarderanno gli spezi, le attrezzature scientifiche e il sistema di governo dell’ateneo.
In relazione agli spazi, si tratta, in particolare:
- Dell’acquisto dalla Provincia di Verona di una porzione di Villa Eugenia a San Floriano, per esigenze di didattica e di ricerca applicata nel campo della viticoltura e dell’enologia;
- Di un nuovo edificio per aule da erigere nel compendio S. Marta. Si andranno così a soddisfare le esigenze di spazi didattici consentendo di liberare l’aula magna del polo Zanotto dalla didattica, dedicandola interamente all’attività convegnistica;
- Di un nuovo edificio per ospitare laboratori e spin-off, da erigere a Ca’ Vignal.
Per il potenziamento delle attrezzature di ricerca confidiamo di stanziare per ciascuno dei prossimi tre anni 2 milioni di euro, proseguendo quanto fatto nell’anno corrente. Ne conseguirà, oltre alla più efficiente gestione di complesse attrezzature, anche il loro ammodernamento e ampliamento, nonché la progressiva messa a disposizione di tali strutture anche a soggetti esterni che ne facciano richiesta. In questo campo, assai rilevante è la collaborazione con l’Azienda ospedaliera di Verona. La stretta interazione, che riguarda anche la condivisione degli spazi, consente, tra l’altro, di facilitare il trasferimento delle nuove conoscenze nelle attività diagnostiche e nelle pratiche di cura. Questa è una delle funzioni che caratterizza la presenza dell’università, in particolare della Scuola di medicina e chirurgia, nell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata.
Nell’immediato futuro ci attende un’importante riforma nel sistema di governo, mirata a superare ciò che ci appare come un limite nel modello introdotto dalla riforma del 2010, cui si è fatto cenno all’inizio. La tradizione universitaria italiana era caratterizzata come un sistema di democrazia rappresentativa che vedeva sedere nel Senato accademico i Presidi, rappresentanti di tutte le facoltà in cui si articolava l’università. L’università si articola ora in dipartimenti, ma non tutti i direttori di dipartimento siedono nell’attuale Senato accademico. Nei prossimi giorni avvieremo con gli Organi accademici le riflessioni mirate a riformare lo statuto: la presenza di tutti i direttori di dipartimento nel Senato. A tal fine, e anche al fine di razionalizzare l’articolazione disciplinare dei dipartimenti, è stata già attuata una riforma nella struttura dei dipartimenti delle macroaree delle Scienze umanistiche e delle Scienze della vita e della salute. In totale i dipartimenti in cui si articola il nostro ateneo sono passati da 15 a 12: 4 nella macroarea delle scienze della vita e della salute; 3 per ognuna delle macroaree delle Scienze umanistiche e di quella Giuridico-Economica; 2 nella macroarea delle Scienze e Ingegneria.
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Care Colleghe, cari Colleghi, pienamente consapevole dello sforzo richiesto a tutto l’ateneo e della limitatezza delle risorse, ma allo stesso tempo fiducioso sulla nostra capacità di condividere e raggiungere ambiziosi obiettivi di miglioramento, dichiaro aperto l’anno accademico 2016-2017, il 34-esimo dalla nostra fondazione".
Il rettore Nicola Sartor
1.12.2016