Il 5 gennaio scorso è morto a Roma Tullio De Mauro: professore di Filosofia del linguaggio e Linguistica generale all’Università di Roma La Sapienza, accademico della Crusca, presidente della Fondazione Bellonci, ministro della Pubblica Istruzione nel 2000-2001, De Mauro era più della somma dei singoli ruoli interpretati, con grazia e rigore scientifico, dentro e fuori il mondo accademico. De Mauro ha sempre affrontato l’oggetto privilegiato dei propri studi (il linguaggio) collocandolo nella complessità del contesto comunicativo che lo genera: «Il linguaggio non vive solo di parole. In quanto vive di parole, vive anche della preliminare selezione delle cose che con esse si vogliono dire, della scelta dei destinatari che possano intenderle, dei rapporti che chi le usa voglia stabilire con questi e voglia che stabiliscano con le cose che dicono e con chi le dice. Parlare, insomma, è più che mettere insieme parole» (Il linguaggio della Costituzione).
Grazie a De Mauro, nel 1967 il Cours de linguistique générale di Ferdinand de Saussure ha avuto una ricostruzione filologica certa, che ha messo gli appunti degli studenti del linguista francese a disposizione della comunità scientifica internazionale. La sua Storia linguistica dell’Italia unita (1963), ricchissima di dati numerici raccolti in anni in cui i fogli di calcolo informatizzati erano ancora di là da venire, ha fondato la linguistica come disciplina autonoma dalla glottologia e dalla grammatica storica, mettendo in evidenza i suoi legami con le discipline non linguistiche (sociologia, economia, statistica, antropologia, storia della cultura e delle tradizioni…) e il ruolo dei fattori non immediatamente letterari e culturali nella formazione della nostra lingua nazionale: l’emigrazione e le migrazioni interne, l’industrializzazione, l’urbanesimo, la creazione di un apparato amministrativo unitario, la leva militare obbligatoria, il progressivo innalzamento dell’obbligo scolastico, la diffusione di stampa e mezzi di comunicazione di massa. La più recente Storia linguistica dell’Italia repubblicana (2014) traccia un profilo della storia d’Italia dal 1946 attraverso la sua storia linguistica, sempre sulla base di dati numerici che mettono in rilievo, tra l’altro, la forte presenza di analfabetismo (funzionale o di ritorno) che ancora affiora nelle sacche di emarginazione della società italiana. Tra le altre pubblicazioni di De Mauro, veramente troppo numerose per essere citate nel dettaglio, piace ricordare almeno il Grande dizionario italiano dell’uso, in otto volumi, per oltre 270.000 lemmi: opera imponente per mole e, soprattutto, importante strumento di lavoro per chi abbia a qualsiasi titolo a che fare con la lingua italiana.
Gli studi linguistici di De Mauro sono sempre stati accompagnati da una forte passione civile, di cui resta traccia per esempio nei numerosissimi interventi dedicati al mondo della scuola: in articoli, interviste, relazioni di convegno De Mauro ha continuamente ricordato il ruolo centrale della scuola di ogni ordine e grado nella formazione del cittadino, anche attraverso l’insegnamento della lingua nazionale come primo strumento di interpretazione e dominio della realtà.
Un atteggiamento mai elitario e la consapevolezza che lingua e cultura viaggiano sui mezzi più vari hanno portato De Mauro a frequentare radio e televisione e a non disdegnare la pubblicazione di testi di natura ampiamente divulgativa: uno degli esempi più recenti è il saggio La lingua batte (2014), scritto a quattro mani con Andrea Camilleri, ove istanze culturali e civili, valore delle opere letterarie per il progresso di una società, difesa del dialetto come lingua prima e base per l’apprendimento della lingua seconda (quella nazionale) si coniugano all’interno di narrazioni autobiografiche che raccontano di una vita interamente dedicata al servizio dei propri concittadini e delle istituzioni che li rappresentano.
Alessandra Zangrandi, ricercatrice di Linguistica italiana
17.01.2017