In Italia ci sono stati lo scorso anno 181mila ingressi, tra cui 25mila minori non accompagnati. Il fenomeno migratorio, sulla scorta di guerre e persecuzioni in tutto il globo, sta assumendo contorni importanti. Per questo il dipartimento di Scienze giuridiche dell’università di Verona, nell’ambito del corso di laurea magistrale in Governance dell’emergenza, ha voluto dedicare un doppio appuntamento alla “Solidarietà e responsabilità nella governance delle crisi migratorie”, che si è svolto il 21 e 22 aprile, al palazzo di Giurisprudenza.
“Abbiamo riunito studiosi, esperti e operatori di settore, per affrontare l’argomento dai vari punti di vista – ha spiegato Enrico Milano, presidente del corso magistrale in Governance dell’emergenza – dando spazio sia a esperienze internazionali che alla realtà locale veronese”.
Nel corso del convegno è stato presentato l’accordo tra ateneo e ministero dell’Interno, per lo sviluppo di attività didattiche e percorsi di tirocinio a favore degli studenti del corso di laurea in Governance dell’emergenza, illustrato dal prefetto Rosetta Scotto Lavina, direttore centrale dei Servizi per le politiche dell’immigrazione e dell’asilo del Viminale. “Quando abbiamo avviato questo corso di laurea magistrale eravamo consapevoli della sua importanza – afferma Donata Gottardi, direttrice del dipartimento di Scienze giuridiche – ma oggi più che mai ci rendiamo conto di quanto effettivamente occorrano persone preparate a gestire le crisi migratorie”. L’accordo sarà portato anche in sede di Crui, Conferenza dei rettori italiani, come esempio di best practice.
l tirocinio è organizzato in tre diverse fasi: un’esperienza nelle Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale, un periodo di formazione pratica presso il dipartimento del Viminale e una trasferta in Sicilia per fare esperienza in uno degli hotspot della prima accoglienza.
Un percorso pensato per vivere tutte le fasi dell’accoglienza di questi “cittadini di Paesi terzi”, come sarebbe più giusto chiamare i “profughi”, termine di uso comune, ma non esatto, come ha spiegato Laura Cantarini, responsabile per i progetti sull’accoglienza dell’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati: “I numeri sono in aumento, ma un milione di ingressi nel 2015, ovvero un 250esimo della popolazione europea, non autorizza a parlare di emergenza. Ciò che preoccupa invece è il numero di minori non accompagnati che rappresenta il 14% degli ingressi, su questo fronte le politiche stanno fallendo”. In ogni caso, tutti o quasi i richiedenti asilo hanno subito violenze o gravi violazioni dei diritti nel corso del viaggio, si tratta quindi di persone traumatizzate. “Non possono essere lasciati allo sbando, la procedura deve essere immediata – ha ricordato il capo di gabinetto della prefettura di Verona, Alessandro Tortorella – e sarebbe auspicabile un aumento delle commissioni sul territorio per velocizzare l’analisi delle richieste, che a volte devono aspettare anche 18 mesi”. Verona ospita 2500 richiedenti asilo, il 40% di questi non otterrà lo status di rifugiato, ma il territorio dovrà comunque farsi carico di lui. “La sconfitta più grande è quando il richiedente asilo torna da noi come senza dimora – ha concluso Michele Righetti, direttore della casa accoglienza il Samaritano della Caritas – anche perché parliamo nella stragrande maggioranza dei casi di ragazzi appena ventenni. Per questo abbiamo cercato di coinvolgere parroci, sindaci e associazioni, per creare percorsi di inclusione socio-lavorativa”.
24.04.2017