Per combattere la dipendenza da sostanze di abuso, negli ultimi anni si è affermata la strategia terapeutica che prevede la somministrazione ai pazienti di premi cosiddetti “alternativi” come, ad esempio, ricompense in denaro o cibi gradevoli. Nel momento in cui tale premio viene tolto il paziente può, però, avere una ricaduta.
Uno studio pubblicato mercoledì 11 ottobre sulla prestigiosa rivista internazionale Neuron ha identificato il circuito cerebrale coinvolto in questo meccanismo di ricaduta suggerendo così nuovi approcci terapeutici come, ad esempio, l’utilizzo della stimolazione magnetica intracranica, tecnica sicura e non invasiva già utilizzata per curare altre patologie come l’emicrania e la depressione.
La ricerca è stata realizzata da Marco Venniro, prima come dottorando del corso di Biomedicina Traslazionale dell’Università di Verona e, in seguito, come post-doc al National Institute on Drug Abuse (NIDA) di Baltimora. Lo studio è il risultato di una proficua collaborazione internazionale tra il gruppo di ricerca statunitense guidato da Yavin Shaham e quello italiano diretto da Cristiano Chiamulera della sezione di Farmacologia del dipartimento di Diagnostica e Sanità Pubblica dell’ateneo scaligero. Alla ricerca hanno contribuito anche diversi gruppi di ricerca nazionali ed internazionali.
Lo studio ha identificato un importante circuito cerebrale coinvolto nella ricaduta all’uso di sostanze di abuso dopo il periodo di “contingency management”. Il “contingency management” è uno tra i più importanti trattamenti comportamentali per combattere l’uso di sostanze di abuso, in quanto promuove l’astinenza da sostanze di abuso utilizzando premi alternativi (ad esempio soldi in forma di coupons). Tuttavia, nel momento in cui il premio alternativo viene interrotto, la maggioranza dei pazienti esposta agli oggetti nell’ambiente che sono in qualche modo associati al consumo della sostanza d’abuso tendono a ricominciare il loro ciclo di dipendenza (il cosiddetto relapse to drug use).
“Nella nostra ricerca – spiega Venniro – abbiamo utilizzato un modello nel quale gli animali da laboratorio volontariamente si astengono dall’autosomministrarsi una sostanza di abuso quando gli viene presentato un premio alternativo, in questo caso un cibo particolarmente gradevole. Tuttavia, quando il bene alternativo viene rimosso, così come accade per i pazienti, i ratti mostrano un’aumentata ricerca delle sostanze”.
Utilizzando tecniche all’avanguardia, il gruppo di scienziati ha identificato le aree del cervello responsabili della ricaduta ovvero la connessione neuronale tra la corteccia insulare anteriore e il nucleo centrale dell’amigdala critica.
“Questa ricerca – continua Venniro – pone le basi per un potenziale nuovo bersaglio per prevenire nei pazienti la ricaduta alle sostanze di abuso dopo periodi di contingency management utilizzando, possibilmente, tecnologie avanzate, sicure e non invasive come la stimolazione magnetica intracranica (TMS) per agire selettivamente sul circuito che abbiamo identificato in questo studio”.
“Questa ricerca è un risultato di grande importanza anche dal punto di vista della formazione nei nostri corsi di dottorato – aggiunge Chiamulera, già coordinatore del Dottorato in Biomedicina Traslazionale – e dei programmi d’internazionalizzazione del nostro Ateneo, aspetti che hanno contribuito alla collaborazione con il NIDA e al lavoro di Marco Venniro”.
Marco Venniro, Daniele Caprioli, Michelle Zhang, Leslie R. Whitaker, Shiliang Zhang, Brandon L. Warren, Carlo Cifani, Nathan J. Marchant, Ofer Yizhar, Jennifer M. Bossert, Cristiano Chiamulera, Marisela Morales, Yavin Shaham, “The anterior insular cortex→central amygdala glutamatergic pathway is critical to relapse after contingency management”, Neuron 96, n. 2 (11 ottobre 2017), pp. 414-427.e8, doi:10.1016/j.neuron.2017.09.024
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