L’ossido nitrico è una molecola vasodilatatrice prodotta dal nostro corpo, molto importante per il funzionamento cellulare e sistemico. Un nuovo studio condotto dall’università di Verona, e pubblicato sulla rivista scientifica Frontiers in Physiology, ha individuato il collegamento tra la diminuzione di questa sostanza e il progressivo deterioramento cerebrale e periferico durante l’invecchiamento e nella malattia di Alzheimer.
Lo studio, coordinato da Federico Schena, è il risultato di un Prin che ha coinvolto i ricercatori del dipartimento di Neuroscienze, Biomedicina e Movimento dell’ateneo e del dipartimento di Diagnostica dell’Azienda ospedaliera universitaria integrata insieme all’università di Perugia e alla Fondazione Arrigo Mazzali di Mantova. Le analisi e gli studi sono stati condotti dai docenti e ricercatori Massimo Venturelli, Stefano Tamburin, Nicola Smania, Cristina Fonte, Anna Pedrinolla, Ilaria Boscolo Galazzo, Ettore Muti, Lucia Crispoltoni, Annamaria Stabile, Alessandra Pistilli, Mario Rende, Francesca B. Pizzini. Il contesto di riferimento della ricerca, rappresentato dalla malattia di Alzheimer e dai marcatori biologici, ovvero le sostanze presenti nell’organismo, prende forma andando a indagare ciò che si verifica fuori dal cervello. La letteratura indica una stretta relazione tra la malattia di Alzheimer e alcune disfunzioni endoteliali cerebrali. Tenendo presente ciò che accade a livello cerebrale, lo studio si concentra sulla relazione che esiste tra la funzione vascolare e periferica-sistemica e la biodisponibilità di ossido nitrico, una molecola prodotta dal corpo che svolge numerose funzioni positive a livello cellulare e sistemico, essendo un vasodilatatore. Per la ricerca sono stati scelti novantotto soggetti: individui giovani, anziani sani, pazienti con decadimento lieve, reclutati dal Centro di ricerca neuromotoria e riabilitativa cognitiva dell’Azienda ospedaliera dell’università di Verona e malati di Alzheimer con patologia lieve, moderata e grave dell’Istituto geriatrico Fondazione Arrigo Mazzali di Mantova. I soggetti sono stati sottoposti a diversi esami con il fine di valutare se la biodisponibilità di ossido nitrico, la perfusione cerebrale, il flusso sanguigno e la funzione vascolare sistemica siano o meno ridotti nei soggetti con Alzheimer a confronto con soggetti giovani e anziani sani.
“Dalle misurazioni – spiegano i ricercatori – è emerso che tutti i parametri misurati diminuiscono progressivamente con l’avanzamento dell’età e l’aggravarsi della malattia. È importante sottolineare che questo deficit di funzionalità endoteliale sembra essere associato alla deplezione di ossido nitrico, la cui diminuzione è direttamente correlata al peggioramento della malattia di Alzheimer. Il dato è importante perché presuppone delle strategie di intervento volte a rallentare il progredire della patologia o a stabilizzarne il decorso, attraverso la supplementazione di ossido nitrico. Inoltre, una delle cause della diminuzione di biodisponibilità di ossido nitrico è il basso livello di attività fisica. È, dunque, imprescindibile proporre per evitare il progressivo deterioramento cerebrale e periferico programmi strutturati di attività fisica che, tra gli evidenti benefici, hanno quello di aumentare la biodisponibilità di ossido nitrico in chiave di prevenzione e rallentamento della malattia di Alzheimer”.