“Otto ore di lavoro, otto di svago, otto per dormire”. È con questo slogan, coniato in Australia nel 1855, che per la prima volta i movimenti sindacali si riuniscono per rivendicare la riduzione dell’orario a otto ore lavorative. La ricorrenza del Primo maggio, nota oggi come “Festa del lavoro”, origina, però, da un fatto tragico: la rivolta di Heymarket. A Chicago, dal 1 al 3 maggio 1886, i lavoratori di una grande fabbrica di macchine agricole, la McCormick, scioperano alcuni giorni e subiscono una dura rivolta poliziesca che provoca numerosi morti e feriti. Una storia, dunque, che affonda le sue radici oltreoceano e arriva a coinvolgere l’Italia qualche anno dopo.
“In Europa la festa fu ufficializzata dai delegati della Seconda internazionale a Parigi, il 20 luglio 1889, nel centenario della Rivoluzione francese, e ratificata dall’Italia due anni dopo”, spiega Gian Paolo Romagnani, direttore del dipartimento di Culture e civiltà e docente di Storia moderna:
Il Primo maggio non rappresenta solo un’occasione per commemorare l’aspra lotta combattuta dai lavoratori americani nel 1886, ma anche per interrogarsi sui numerosi aspetti di un mondo, quello del lavoro, costellato di precarietà e squilibri sociali. Secondo i dati elaborati dall’Inail, tra gennaio e marzo 2018 sono state denunciate 22 morti in più sul lavoro rispetto ai primi tre mesi del 2017, da 190 a 212. Oltretutto, il mercato del lavoro risulta essere fortemente polarizzato: da un lato le fasce di reddito alto e dall’altro quelle di reddito basso, i cosiddetti precari, costretti a lavorare di più e a essere pagati di meno. Nel mezzo si trova ancora il ceto medio, che però è stato messo in sofferenza dalla crisi economica. Ma una notizia positiva c’è: quella del titolo di studio che ci tutela e, ancora oggi, ci fa ben sperare nel posto fisso. “Oggigiorno, il lavoro continua a rappresentare una grande necessità, quella di avere un reddito. Ma il lavoro è anche trasformazione del mondo e di se stessi”, afferma Giorgio Gosetti, delegato del rettore al Diritto allo studio e delle politiche per gli studenti:
La sfida attuale non riguarda solo i lavoratori ma anche coloro che hanno la responsabilità di tutelarne i diritti. “Credo che dobbiamo cercare di capire come cambiare completamente il nostro approccio al tema del lavoro, passando piuttosto dal lavoro alle attività”, afferma Donata Gottardi, direttrice del dipartimento di Scienze giuridiche e docente di Diritto del lavoro, che ripropone la questione in modo innovativo. Proprio come accadeva cinquant’anni fa con il caso dei pony express, che ricorda quello attuale dei riders di Deliveroo o Foodora, ancora oggi rimane critica la possibilità di difendere le fasce più deboli. Un richiamo al passato che vuole porre le basi per un futuro più promettente:
Sul piano pratico è, infine, importante stabilire delle norme che regolino l’utilizzo della strumentazione di lavoro, la possibilità di svolgere delle simulazioni d’emergenza e la formazione teorica per preparare i lavoratori a eventuali rischi. “La tutela della salute e della sicurezza del lavoro è un compito impegnativo, sia in termini di risorse economiche che umane e prevede un aggiornamento continuo sulle figure di sicurezza”, ricorda Gino Mariotto, delegato del rettore alla Sicurezza e salute sui luoghi di lavoro:
Essenziale è la prevenzione delle malattie professionali, che sono un costo non solo per il lavoratore coinvolto e per la sua famiglia, ma anche per la società tutta. Ci vuole un cambio di passo, come ricorda Stefano Porru, direttore della scuola di specializzazione in Medicina del lavoro: