Quattro ritratti molto diversi dell’eroe dei due mondi, Garibaldi. A metterli a confronto Carolina Pernigo, che ha conseguito laurea e dottorato di ricerca all’università di Verona, e la cui tesi è diventata un libro, Quattro Garibaldi in cerca d’autore, nella collana di Letterature comparate “Dialoghi” (Scripta Edizioni, 2015). Il volume è stato presentato il 7 luglio, nella cornice del Compendio Garibaldino di Caprera, dal suo relatore, Stefano Tani del dipartimento di Culture e civiltà, e dall’autrice stessa. Con loro erano presenti anche Gian Luca Moro, responsabile della casa-museo Garibaldi, e Annita Garibaldi Jallet, bisnipote di Giuseppe Garibaldi, che ha parlato del libro di Carolina e del proprio memorabile bisnonno, senz’altro il più caro agli italiani fra i fautori del nostro Risorgimento.
“Caprera, a differenza di altre isole scempiate dalla speculazione edilizia, è rimasta intatta proprio grazie alla presenza della memoria di Garibaldi: contiene la sua casa-fattoria e la sua tomba, e lo Stato, durante la vita dell’eroe così poco generoso con lui, ha per lo meno salvaguardato il luogo in cui ha vissuto per più di vent’anni”, racconta Stefano Tani, professore di Letterature comparate e Critica letteraria del dipartimento di Culture e civiltà. Nasce dall’immagine di una Caprera mitizzata, immobile nel tempo e imbalsamata assieme alla salma di Garibaldi che ospita, il racconto sui passi della memoria e dei lasciti dell’eroe risorgimentale.
“Mentre stava leggendo il volume di Lucy Riall Garibaldi. L’invenzione di un eroe (Laterza, 2011), Carolina ha trovato una breve menzione al fatto che Garibaldi avesse dato quattro copie della sua autobiografia ad altrettanti suoi amici.”- spiega Tani – “L’intuizione che dietro a queste cessioni ci potessero essere storie interessanti da scavare, analizzare e raccontare, porta alla nascita della tesi di laurea magistrale di Carolina e alla sua successiva rielaborazione in libro”.
“Garibaldi è stato un uomo impetuoso e ingenuo, molto spesso usato da re Vittorio Emanuele, da Cavour e da Mazzini, che però ha dimostrato una grande abilità nel propagandare la propria immagine. Tant’è che ha contribuito alla costruzione del mito di se stesso.” – continua Tani – “L’eroe risorgimentale, ad un certo punto della sua vita, decise di dare a quattro suoi amici un’autobiografia da lui abbozzata a Tangeri nel 1849, chiedendo a ciascuno di completarla e rielaborarla nella propria lingua. Theodore Dwight, editore americano di religione protestante, sottolinea il lato anticattolico e anticlericale di Garibaldi; Maria Esperance von Schwartz, ex amante, fa emergere il suo lato emotivo e passionale; Francesco Carrano, suo commilitone, valorizza le sue doti di generale e stratega, mentre Alexandre Dumas, che seguì Garibaldi nell’impresa dei Mille, racconta del suo coraggio e delle sue capacità organizzative. Le quattro biografie vengono pubblicate dai loro autori fra il 1859 e il 1861.
Il libro di Carolina Pernigo si rivela, quindi, come un’opera comparatistica pura che indaga la rappresentazione dell’immagine di Garibaldi attraverso gli occhi e le narrazioni di quattro diversi scrittori, ognuno dei quali ha caricato il proprio scritto di connotati personali.
Comunque, nonostante questi importanti contributi, Garibaldi fra il 1871 e il 1872 scriverà di suo pugno la versione definitiva delle sue memorie. “È un po’ come avere i quattro Vangeli più la Bibbia”, dice sorridendo il Tani. Spiega anche come l’autobiografia garibaldina sia un lascito caratterizzato da un forte senso di rivalsa. L’eroe dei due mondi, repubblicano per scelta ma monarchico per obbligo, riesce attraverso le sue memorie a denunciare l’involuzione conservatrice e autoritaria del giovane ma già deludente Regno d’Italia, togliendosi tanti sassolini dalle scarpe e lasciando un’immagine di sé legata alla libertà e al progresso. “Sino agli ultimi anni della sua vita, Garibaldi ha mostrato un grande temperamento e ha ribadito il suo ruolo di outsider, di uomo contro il sistema.” – conclude Tani – “L’artrite reumatoide che aveva contratto già a quarant’anni lo porta infine a una condizione di disabilità: le ultime immagini di Garibaldi sono quelle di un uomo su una sedia a rotelle, sofferente ma non vinto. Si può dire che la decadenza del suo corpo acquisisce un preciso significato politico: rappresenta tristemente il declino degli ideali risorgimentali”.