Tarquinia romana sta tornando alla luce. Durante la terza campagna di scavi nel sito archeologico laziale, sono emersi i resti di una domus risalente all’epoca augustea. Studenti e studiosi, coordinati da Attilio Mastrocinque, docente di Storia romana dell’ateneo, hanno dissepolto vari spazi di una residenza tra cui un triclinio, ovvero una sala ospitante tre letti, parti di un mosaico e utensili vari.
Era il 2016 quando la Soprintendenza archeologica del Lazio e dell’Etruria meridionale affidò i lavori a Mastrocinque che, da allora, coordina gli scavi giunti ormai alla terza campagna. Nella prima e nella seconda campagna erano già stati portati alla luce reperti di epoca romana. I lavori, terminati di recente, permettono di acquisire nuove informazioni su questa fase storica di Tarquinia che, a differenza di quella etrusca, è ancora tutta da scoprire.
L’area di scavo si è rivelata essere custode preziosa di reperti che aiuteranno gli studiosi a ricostruire la vita degli antichi romani a Tarquinia. “Tra i ritrovamenti più importanti, la scoperta di un pozzo votivo che testimonia un rito avvenuto nel secondo secolo avanti Cristo e che contiene resti degli animali sacrificati, offerte di carattere maschile e femminile, come un utero fittile, coppe e probabili offerte vegetali – afferma Mastrocinque –. Gli studiosi stanno ancora cercando di identificare la natura del rito che si presume sia stato prescritto dagli aruspici in favore di divinità del sottosuolo”. I reperti non testimoniano solo costumi religiosi, ma anche aspetti della vita quotidiana come le abitudini culinarie. “Da un’analisi di una pentola tardo-antica realizzata da Manuela Malatesta, docente di Anatomia umana dell’ateneo, risulta che i nostri antenati stavano cucinando un brodo di carne – ha aggiunto Mastrocinque – Spicca, inoltre, il ritrovamento di una fontana unica nel suo genere in quanto dotata di un muro a due cortine che formano un’intercapedine nella quale confluiva l’acqua piovana. Nelle vicinanze, è stata messa in luce anche una cisterna attualmente in corso di studio dato che al suo interno sono stati trovati numerosi vasi e oggetti della tarda antichità e dell’alto Medioevo”.
Il laboratorio di archeologia del dipartimento di Culture e civiltà ha condotto indagini geofisiche in altre aree dello scavo per individuare strutture nel sottosuolo. Le indagini hanno permesso di delineare una pianta composta da molti ambienti che non si vedono sul terreno. Il sito archeologico di Tarquinia, dunque, ha ancora tanto da raccontare agli studiosi.