Dopo quasi due anni di negoziazioni diplomatiche, UK e UE si sono accordati sui termini del loro “divorzio”. La riunione al Consiglio Europeo è durata solo pochi minuti, il tempo di introdurre il tutto e di assicurarsi che nessuno stato membro sollevasse obiezioni – e così è stato.
Al termine di un accordo, solitamente si celebra; tuttavia a Bruxelles non si percepiva alcuno spirito celebrativo; al contrario si avvertivano già la problematicità e i rischi delle prossime negoziazioni sul futuro dei rapporti EU-UK. Non a caso i rimanenti 27 stati membri si sono affrettati a rilasciare una dichiarazione congiunta (senza il Regno Unito) nella quale garantiscono che proteggeranno i loro interessi in ambiti quali la pesca, il libero mercato e i diritti dei cittadini.
Per l’UE perdere il Regno Unito, membro ricco e influente, ha – oggi – il sapore di una sconfitta. Tuttavia, lo stesso Regno Unito ha – oggi – poco da sorridere. Theresa May dichiara ottimisticamente che con questo accordo l’UK riprenderà il controllo e il governo di se stesso; in realtà l’accordo prevede un periodo di transizione fino al 31 dicembre 2020 in cui l’UK rimarrà in una sorta di limbo e dovrà rispettare tutte le leggi UE, inclusa la giurisdizione della Corte di Giustizia Europea, pur senza avere più i diritti garantiti agli stati membri. Si aggiungano il conto del divorzio presentato dall’UE a Theresa May, che ammonta a 39 miliardi di sterline, e ancora molti nodi irrisolti legati alla pesca, alla cittadinanza e all’unione doganale tra “le due Irlande”.
Ed ora? Il Parlamento del Regno Unito voterà l’accordo a dicembre; le opposizioni (e non solo) hanno già promesso battaglia. Se l’accordo non viene accettato, diverse sono le opzioni all’orizzonte; tra tutte, si fa strada una possibilità tanto semplice, quanto impegnativa; la Premier potrebbe rivolgersi al popolo britannico in questi termini: “Mi avete chiesto di negoziare la Brexit e l’ho fatto. Mission accomplished. Ora che sapete cosa significa Brexit, la volete ancora? Ne siete ancora convinti?”
In tal modo i cittadini britannici potrebbero essere chiamati nuovamente a scegliere; questa volta, però, i 27 stati membri EU potrebbero essere meno disponibili a riaprire le negoziazioni.
Professoressa Roberta Facchinetti, docente di Lingua inglese, dipartimento di Lingue e letterature straniere