Illustrare le storie straordinarie di chi, espatriando, è riuscito a fuggire alle terribili conseguenze delle leggi antiebraiche del 1938 salvaguardando la propria vita e la propria carriera. Questo il fine del convegno “L’Italia in esilio. Le migrazioni degli intellettuali italiani dopo il 1938” che si è tenuto il 5 e il 6 febbraio al polo Zanotto. La due giorni, promossa dal nostro ateneo, ha visto la partecipazione di studiosi provenienti da università italiane e internazionali.
La prima giornata di martedì 5 febbraio si è svolta in due sessioni che hanno sviluppato una riflessione sugli intellettuali Italiani costretti all’esilio per sfuggire alle persecuzioni razziali. La prima sessione si è focalizzata sulla genesi delle leggi antiebraiche promulgate nel 1938 e sulle conseguenze che esse hanno avuto sulla società e sulla comunità scientifica italiana. Di quest’ultima si è continuato a discutere nella seconda sessione che, infatti, si è concentrata sulle storie di intellettuali, scienziati e artisti in esilio a seguito delle leggi razziali.
“Questo è un gruppo di sopravvissuti che potremmo definire un’élite”, ha affermato Renato Camurri, coordinatore scientifico del convegno. “Quella parte di esiliati con una posizione di rilevanza dei vari settori del mondo culturale e scientifico italiano. È un gruppo molto variegato, in larga parte composto da cittadini italiani ebrei, accomunati però da un profilo scientifico culturale di altissimo livello. Molti di loro, infatti, hanno poi avuto carriere straordinarie nei paesi dove sono arrivati, come gli Stati Uniti o Sud America”.
La giornata di mercoledì 6 febbraio è stata dedicata alle storie di singole personalità più o meno note al grande pubblico, rilevanti per tracciare il profilo di questa generazione di intellettuali. Tra queste, la figura di Antonello Gerbi, un professionista che lavorava nel mondo bancario e che troverà rifugio in Perù, divenendo autore di saggi tutt’oggi riconosciuti come fonti importante per gli studi sull’America Latina tra il Cinquecento e il Seicento, dell’architetto Bruno Zevi, esule negli Stati Uniti e con una prestigiosa carriera in varie università americane, che rientrò in Italia per partecipare alla lotta antifascista, oppure la figura di Costantino Nivola, grande artista di origine sarda, che fu colpito dalle leggi antiebraiche a causa del matrimonio con una donna ebrea e che si trasferì negli Stati Uniti ottenendo fama mondiale.
“Le ragioni della nascita di questo convegno sono principalmente due”, ha proseguito Camurri. “La prima è l’ottantesimo anniversario della promulgazione delle leggi antiebraiche, celebrato nel 2018. La seconda è il nesso che esiste tra le leggi razziali del 1938 e il grande flusso di intellettuali, scienziati, artisti, musicisti, costretto a lasciare l’Italia per sfuggire alle persecuzioni. L’iniziativa, oltre che a coltivare la memoria, serve anche a riflettere su quanto ampia e straordinaria sia questa parte di storia che spesso viene dimenticata”.
Il convegno rientra all’interno di Memoria Memorie, appuntamenti promossi dall’ateneo in occasione della Giornata della memoria. L’iniziativa è stata organizzata dal dipartimento di Culture e Civiltà, grazie al contributo di Banco Bpm e della Comunità ebraica Verona, con il patrocinio del Comune di Verona e dell’Unione delle comunità ebraiche italiane e con la collaborazione del Centro Primo Levi New York e Donzelli Editore.