La chiesa di San Fermo Maggiore protagonista del primo appuntamento dell’iniziativa “Arte a Verona e a Vicenza, tra Gotico e Rinascimento”. Il 12 febbraio docenti, esperti e musicisti si sono riuniti nella cripta della chiesa per coinvolgere studenti e cittadini in un racconto delle tappe che hanno segnato le vicende storico-artistiche dell’edificio tra le note di musiche rinascimentali magistralmente eseguite dal Conservatorio di Verona. Il prossimo appuntamento, dal titolo “Arte e musica a Vicenza nel Rinascimento. La pala di Giovanni Bellini in Santa Corona”, si terrà a Vicenza , il 21 febbraio alle 16, nella chiesa di Santa Corona.
San Fermo, tra le mete più gettonate di Verona e gioiello dell’arte gotica, svolge nel panorama urbano in cui è inserita un ruolo di cartina tornasole per capire la città, raccontando la sua storia civile e religiosa lunga ben diciassette secoli. La sua ricchezza è testimoniata da tre aspetti principali, che si collegano alla storia francescana della chiesa. “Il primo di questi – ha spiegato Maurizio Viviani, parroco di San Fermo – è la figura stessa di San Francesco, che nel 1220 soggiornò a Verona diffondendo un carisma e una spiritualità che ancora oggi si respira nelle mura e nella sobrietà delle scelte stilistiche adottate dagli artisti. Il secondo aspetto da rilevare è stata la presenza nella città scaligera di nobili, letterati e intellettuali che hanno lasciato le loro tracce nelle epigrafi della chiesa, tra questi Pietro IV e Lodovico Alighieri, discendenti del sommo poeta. Lo stesso Dante, ospite di Cangrande della Scala nel suo soggiorno veronese, si trovava a soli 400 metri da San Fermo e quindi, con buona probabilità, frequentò la chiesa. L’ultimo aspetto riguarda la presenza della teologia cristiana, come dimostra il soffitto dipinto con 416 volti di santi e il mausoleo Brenzoni.”
“San Fermo è una chiesa eccezionale per stratificazioni di testimonianze – secondo Tiziana Franco, docente di Storia dell’arte medievale di ateneo – che vanno dal periodo paleocristiano fino ai giorni nostri. In questa occasione si considera un momento particolare di questa lunga storia, la prima metà del 1400. La difficoltà alla base della lettura delle chiese consiste nel saper cogliere i segni del tempo, non sempre facili da interpretare a causa dei vari interventi di restauro che vengono fatti negli anni e che alterano gli assetti originali. L’obiettivo del mio intervento, assieme a quello della restauratrice del monumento Brenzoni, Adriana Benetti, è fornire delle chiavi per leggere questi segni”. Tre le testimonianze di rilievo per la lettura storico-artistica di San Fermo: quella di Barnaba da Morano, giurista modenese con una spiccata devozione francescana, che qui fece erigere il proprio monumento funebre, quella del monumento Brenzoni, che grazie al restauro effettuato da Adriana Benetti ha riacquistato la sua bellezza, di particolare interesse per la stretta integrazione tra scultura e pittura e infine, a chiudere la triade, quella dell’artista Stefano di Giovanni di Francia, figlio di un pittore attivo in Borbonia.
L’evento culturale è nato per mettere in evidenza il patrimonio del territorio, dimostrando che “siamo dotati di istituzioni di eccellenza – ha commentato Mario Longo, coordinatore scientifico dell’incontro – che si occupano di alta formazione in vari campi e sono tra loro integrate. Per questo abbiamo voluto riunire le competenze dell’università, dell’accademia di Belle arti, del Conservatorio e della Facoltà Teologica del Triveneto. Il patrimonio culturale di cui disponiamo è la nostra fonte energetica”.