Lunedì 18 febbraio, alle 9.30 a Scienze motorie, si è tenuto un incontro dedicato alla malattia di Parkinson. Era presente il quarantenne maratoneta Edoardo Leotta, che dal 2012, anno in cui gli è stata diagnosticata la malattia, ha iniziato a praticare una regolare attività fisica, dedicandosi in modo agonistico alla corsa di lunga durata.
Il seminario si è aperto nella palestra di Scienze motorie con una dimostrazione dell’attività motoria adattata condotta in modo regolare nelle strutture di Borgo Venezia con i malati di Parkinson. All’attività ha partecipato anche Edoardo Leotta: “Qui si sta facendo una cosa molto bella, ma soprattutto utile, che non conoscevo. L’attività fisica è importante per la malattia di Parkinson e qui si lavora attraverso un programma ben studiato e strutturato. Sotto la supervisione della ricercatrice Federica Bombieri si agisce sugli schemi motori con un approccio che diventa fondamentale anche a livello cognitivo e psicologico. Le persone che vengono qui si ritrovano assieme, fanno gruppo, e questo limita la tendenza, tipica del Parkinson, ad isolarsi”.
In seguito alla dimostrazione pratica, l’incontro è proseguito in aula magna, con la spiegazione del “Progetto Attività Motoria nel Parkinson”, di cui Federica Bombieri, all’interno del gruppo di studiosi guidato da Federico Schena e Michele Tinazzi, è referente.
“Le attività che vengono proposte ai malati di Parkinson all’interno del Dipartimento di Neuroscienze, Biomedicina e Movimento rappresentano -afferma Schena– una realtà di integrazione tra ricerca, cura e attività motoria unica nel panorama italiano. E non affatto scontata. Sono parte di un modello di intervento che è frutto di studio e ricerca continua con cui abbiamo dimostrato che l’esercizio fisico funziona e funziona meglio quando è fatto in modo strutturato e con una programmazione mirata”.
“Le attività svolte con i settanta pazienti in fase iniziale e intermedia -spiega Bombieri– sono lavori multidisciplinari, in quanto prevedono esercizi di equilibrio statico e dinamico, di forza, esercizi posturali propriocettivi, andature di cammino, Nordic Walking. Ci proponiamo di intervenire in modo precoce, già nella fase iniziale della malattia, attraverso attività mirate, adattate nel tempo, trasferibili nella quotidianità del paziente, motivando e coinvolgendo anche i caregiver. È importante che i pazienti eseguano il movimento più volte, con attività ripetute per lungo tempo. Si interviene anche con stimoli esterni di tipo visuale, spaziale, acustico, e interni, lavorando molto sull’attenzione e la concentrazione”.
Se la malattia non può essere risolta, in quanto il Parkinson è una malattia cronica, progressiva, con una lenta ma inesorabile progressione, è altrettanto vero che può non diventare un condizionamento assoluto. Per questo la narrazione di Edoardo Leotta è stata un’occasione di condivisione importante. Parlando della sua passione per la corsa, Leotta ha sottolineato i benefici effetti a livello di schemi motori e non motori. “Due -ha sottolineato- le difficoltà più grandi della malattia: una eccessiva stanchezza anche nello svolgere le attività più semplici, come prendere un bicchiere, e la distonia, ovvero la rigidità muscolare involontaria anche a riposo. Quando non pratico attività noto un sensibile peggioramento della fatica, dell’astenia e della rigidità muscolare. Stimolando la dopamina, l’attività fisica fatta con continuità mi sta aiutando molto”.