In occasione dell’intitolazione dell’aula T4 alla memoria di Antonio Megalizzi, il giovane giornalista ucciso negli attentati di Strasburgo, sono stati numerosi gli interventi di docenti, familiari e colleghi che lo hanno ricordato. Su tutti abbiamo raccolto quelli di Arnaldo Soldani, direttore del dipartimento di Culture e civiltà, di Luana Moresco, la fidanzata di Antonio, di Martina Esposito, presidentessa di Raduni e di Caterina Moser, caporedattrice di Europhonica.
Sono il direttore del dipartimento di Culture e civiltà dell’università di Verona: il dipartimento a cui afferisce il corso di studi in Scienze della comunicazione, dove Antonio Megalizzi si è laureato alcuni anni fa. Ed è questa la ragione per cui, con piena convinzione e d’accordo con il Magnifico rettore, il nostro dipartimento ha rivolto al Senato accademico la proposta di intitolare quest’aula ad Antonio. Nello stesso tempo, il dipartimento di Culture e civiltà ha deciso di dedicare ad Antonio anche un ciclo di conferenze di grande respiro internazionale, organizzato in questi mesi da Renato Camurri, docente di Storia contemporanea, incentrandolo sull’idea di Europa (“Europa: una sfida tra passato e futuro”). Insegno nel corso di studi in Scienze dalla comunicazione da circa quindici anni, sempre nel primo anno di corso. E ogni anno vedo tutti i nuovi studenti, appena immatricolati, che arrivano dalla scuola superiore: sempre un po’ disorientati dal primo contatto con l’università, chi più chi meno determinato, chi più chi meno consapevole del percorso che lo aspetta. Così è capitato anche nel 2008, nel primo semestre, quando in quella classe c’era anche Antonio. In questi giorni sono andato a vedermi i verbali d’esame, che conservo nel mio archivio: Antonio aveva superato bene l’esame al primo appello, il 10 febbraio del 2009, subito dopo la fine del corso. Antonio era bravo. Poi Antonio ha fatto per intero il suo percorso di studi: altre lezioni, altri esami, la tesi, le attività seminariali e i laboratori, tra cui voglio ricordare l’esperienza di Fuoriaula Network, la web radio del nostro ateneo, che l’ha avviato verso la sua professione di giornalista radiofonico. Ripensare adesso a queste cose appare piuttosto strano, oltre che doloroso: tutto sembra così fuori fuoco, così assurdo, che verrebbe solo da tacere. Eppure questa è stata la vita di Antonio in quegli anni, proprio in queste aule in cui ci troviamo adesso. E qui lui ha imparato non solo i rudimenti tecnici e lo stile etico della professione di giornalista; qui ha imparato anche a confrontarsi con un’idea di società e con un’idea di Europa, che è precisamente quella che ha dato una direzione alla sua vita negli anni successivi. Adesso lo piangiamo, Antonio, ed è davvero difficile contenere l’ondata emotiva che ci sommerge. Nello stesso tempo, però, noi suoi docenti non possiamo non ammirare la coerenza di quel percorso: ne siamo fieri, vediamo in lui l’immagine compiuta di tanti, tanti nostri studenti che in queste aule si formano e da queste aule partono per dare un senso alla loro vita ma anche per dare un senso al mondo nel quale si troveranno ad operare. La meglio gioventù, scriveva Pasolini: i giovani migliori d’Italia, i giovani migliori d’Europa, com’era Antonio, come sono i suoi compagni di strada che sono qui a ricordarlo insieme a noi oggi, come sono i nuovi studenti di Scienze della comunicazione, gli studenti della mia classe del primo anno, che sono qui per onorarlo, nell’aula che da questo momento porterà il suo nome. Grazie, Antonio, grazie alla famiglia che ha voluto essere qui, grazie alla nostra università che accoglie tanti studenti e che li sa ricordare e onorare come la parte migliore di sé.
Arnaldo Soldani
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Buongiorno a tutti, innanzitutto desideriamo ringraziare l’università di Verona per aver deciso di intitolare ad Antonio quest’aula. In questa università Antonio ha deciso di approfondire lo studio sulla comunicazione che aveva già cominciato a praticare in radio sin dai tempi del liceo. Non era mai sazio di conoscenza e voleva che il suo talento naturale fosse arricchito da basi teoriche, storiche, sociologiche e non solo. Ha sempre continuato a lavorare e, nonostante la vita frenetica da pendolare, ha portato a termine il suo obiettivo di ottenere una laurea in Scienze della comunicazione ed essere sempre più competente nell’ambito. In seguito, la passione per la comunicazione si è combinata a quella per la politica, per l’attualità e per l’Unione Europea, e anche per questo si era rimesso in gioco iniziando una magistrale in Studi europei ed internazionali. Antonio comunicava e trasmetteva ogni giorno l’importanza di informare ed essere informati; non era solo un radiofonico o un giornalista, era un comunicatore. Un incubatore di idee, mai sazio, mai soddisfatto, mai fermo. Purtroppo, la maggior parte di voi ha avuto l’occasione di conoscere Antonio e il suo amico e collega Bartek solo dopo quello che è successo l’11 dicembre a Strasburgo. Ma noi che l’abbiamo amato e vissuto nella nostra intimità abbiamo l’onore e l’onere di non renderlo un semplice simbolo, ma di far conoscere il suo operato e soprattutto il suo pensiero di fervente cittadino d’Europa, la sua eleganza ed empatia di amico e il suo talento di straordinario giornalista. Purtroppo non riceveremo più l’affetto di un figlio, fratello, amico e compagno fuori dal comune. Ma possiamo ricordare il suo lavoro e dare, per quanto possibile, un senso a qualcosa di insensato. Coadiuvati da tanti amici e colleghi di Antonio, non permetteremo mai che la sua voce si spenga. Ed anche per questo abbiamo deciso di creare la “Fondazione Antonio Megalizzi”, per fare formazione e informazione. Vogliamo andare nelle scuole, nelle università e nelle biblioteche di tutta Italia a descrivere ai giovani cosa fa l’Unione Europea, dare loro gli strumenti per riconoscere le fake news e aiutare i giovani come Antonio a realizzare il sogno di poter raccontare ai propri coetanei, e non solo, l’Europa. Anche supportando “Europhonica”, il progetto di redazione europea che Antonio ha guidato fino all’ultimo giorno della sua vita. Chi vorrà potrà contribuire a realizzare il sogno di Antonio, in diversi modi. Così ognuno potrà sentirsi partecipe, scegliendo come attivarsi. Non riusciremo a farlo con la stessa vitalità, ironia ed eleganza di Antonio, ma ci proveremo. E Antonio ci avrebbe spronato a fare sempre di più e sempre meglio. E noi questo monito lo abbiamo fatto nostro e vi invitiamo a contattarci per costruire un futuro migliore insieme.
Luana Moresco
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Caro magnifico rettore, cari tutti, vi porto il saluto e il ringraziamento di tutti i soci RadUni che oggi qui rappresento. Ragazze e ragazzi che quotidianamente impiegano un po’ del loro tempo alla creazione di contenuti radiofonici, social, audio e video. Lo fanno a titolo volontario perché spinti da una passione, quella che ci accomuna tutti, e dalla voglia, magari un giorno, di svolgere queste attività per professione. Tutto questo era ciò che faceva ogni giorno Antonio per “Europhonica”, di cui era diventato capo progetto proprio in questa stagione. Un ragazzo come tanti nostri soci, spinto dalla passione e dalla voglia di dare un contributo per migliorare il mondo attraverso quello che gli piaceva di più: il mezzo radiofonico, appunto. Oggi ringrazio l’università di Verona per aver deciso di lasciare per sempre impressa la memoria di Antonio in un luogo così importante per la nostra società: l’università. Il luogo della cultura per eccellenza ma anche la casa di tutti noi radiofonici universitari. Grazie per la sensibilità dimostrata dal magnifico rettore Nicola Sartor, a tutto il personale dell’università di Verona e ai nostri amici di “FuoriAulaNetwork” per aver reso possibile questa iniziativa. Un’iniziativa che si va ad aggiungere alle sempre crescenti che stanno arrivando da molti atenei italiani; segno della sensibilità e del riconoscimento che le università stanno dimostrando nei confronti del lavoro di Antonio e delle radio universitarie. Grazie anche agli studenti che sono qui in questo momento. La loro presenza mi riempie di gioia perché sono proprio loro il pubblico che ogni giorno cerchiamo di raggiungere; a cui ogni giorno ci rivolgiamo. Le persone per cui Antonio faceva con passione i servizi di “Europhonica”.
Martina Esposito
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All’interno della redazione di “Europhonica” ci siamo spesso interrogati sul significato delle commemorazioni e sul modo migliore di onorare i nostri amici e colleghi Antonio e Bartek. L’unico modo possibile ci è sembrato continuare a lavorare, con più forza, più impeto e passione rinnovata per dare concretezza ai nostri desideri, ai progetti condivisi, ai sogni. Perché “Europhonica” dentro di sé comprende radio, giornalismo, politica, Europa ma anche sogni concreti: come vediamo il nostro futuro, la nostra Europa, i nostri progetti. È molto difficile condensare in poche parole quello che è stato, è e sarà “Europhonica”, ancor di più raccontarvi chi era e come lavorava Antonio, la passione ci metteva. Antonio aveva una dote naturale: spiegare l’Unione Europea in modo semplice, con la sua elegante ironia in maniera obiettiva. Lo faceva con passione, smontando pazientemente tutte le bufale e i miti negativi che circolano in rete. Ci spronava sempre a fare meglio, a puntare più in alto. E questi sono sempre stati i nostri obiettivi: capire l’Europa per raccontarla, avvicinare i grandi palazzi di vetro pieni di burocrati ai cittadini europei, rendere semplice ciò che spesso risulta noioso e difficile da comprendere. Con curiosità, rigore giornalistico e entusiasmo, nella nostra eterogeneità e nei nostri diversi modi di essere. Non smetteremo di portare avanti i sogni di Antonio e Bartek e i nostri progetti condivisi. Per questo “Europhonica” continuerà fianco a fianco con la “Fondazione Antonio Megalizzi”. La quale nasce non solo per sostenere ed incrementare un’informazione sana e consapevole, ma anche per favorire e stimolare lo sviluppo di un senso critico tramite attività di formazione ed educazione per ogni fascia d’età. L’intento comune è quello di avvicinare i cittadini alle istituzioni e al processo democratico nazionale ed europeo per stimolare una partecipazione attiva e consapevole. Rinnovo l’invito fatto dalla famiglia di partecipare e portare avanti questi progetti insieme.
Caterina Moser